Aule multietniche, ma senza esagerare. Dal prossimo anno scolastico i nostri figli potranno avere al massimo – considerando una classe media di 23-24 bambini – sette compagni di classe provenienti dall’estero (si può scendere a 5 o arrivare a 9 secondo le diverse soglie stabilite per i vari cicli di istruzione). Il ministro Gelmini ha, infatti, inviato in tutte le scuole una nota che introduce dal 2010-2011, con gradualità, il più volte annunciato tetto del 30% alla presenza di alunni stranieri. Una decisione presa – assicurano senza esitazioni a Viale Trastevere – per il bene di tutti, studenti italiani e stranieri e arrivata, con straordinario tempismo, proprio quando la questione “immigrazione” è di nuovo finita sotto i riflettori con i fatti di Rosarno.
La presenza di stranieri nella scuola italiana, spesso concentrati in alcune classi – ha tenuto a sottolineare il ministro Gelmini – “non è certo un problema di razzismo ma un problema soprattutto didattico”. “Lo sanno – ha spiegato – le molte mamme che vedono la classe dei loro figli procedere a due velocità di crescita formativa, con alcuni studenti che rimangono indietro e altri che riescono ad andare avanti meglio. Stabilire un tetto del 30% – ha aggiunto – è un modo utile per favorire l’integrazione ed evitare la formazione di classi-ghetto con soli alunni stranieri”.
E se la Lega, capofila nel sostenere la necessità di porre un limite alla presenza di alunni extracomunitari nelle aule italiane, plaude alla decisione della Gelmini (e anzi la deputata Goisis alza l’asticella facendo notare che il tetto del 30% diventa stretto se i bambini sono appena arrivati nel nostro paese: “in questo caso necessitano di classi di inserimento”), l’opposizione esprime non poche perplessità.
“Il tetto – ha spiegato la capogruppo del Pd in commissione Affari sociali della Camera, Livia Turco – non risolve il problema. Bisogna che le scuole italiane e gli insegnanti siano sostenuti concretamente con finanziamenti straordinari per corsi di lingua e cultura italiana così come nel rapporto con le famiglie immigrate”.
“Se gli americani avessero adottato il metodo del ministro Gelmini, oggi gli Stati Uniti – ha ammonito il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro – non sarebbero quella società aperta e multiculturale che è stata in grado di eleggere un presidente di colore”.
Cauta anche la posizione della Cei: “Si tratta – ha osservato mons. Bruno Schettino, responsabile per le Migrazioni – di essere equilibrati, di non estremizzare le posizioni, non renderle crude”.
Pareri non unanimi sul fronte sindacale: la Flc-Cgil ritiene il tetto “una misura sbagliata che determinerà una maggiore esclusione e ghettizzazione”, mentre la Cisl lo ritiene “plausibile e sensato”, purché la procedura “sia realmente una misura di integrazione”, e la Uil scuola invita a evitare una “gestione con la ‘calcolatrice alla mano’”.
A questo proposito il ministero assicura che il limite non sarà rigidissimo: potrà essere innalzato se, ad esempio, i ragazzi sono già in possesso delle adeguate competenze linguistiche o ridotto a fronte di particolari situazioni. Viale Trastevere ha anche annunciato finanziamenti extra (per l’inserimento) alle scuole dei territori dove c’è un’alta concentrazione di comunità straniere e corsi di italiano ad hoc per gli studenti d’oltreconfine. Che sono ormai tanti nelle classi del Belpaese: circa 600 mila secondo gli ultimi dati e almeno il 35% di loro è nato in Italia.
Sulla questione del tetto agli studenti stranieri, la Gelmini ha comunque specificato che dal tetto del 30% fissato per ogni classe saranno esclusi gli alunni nati in Italia, i quali rappresentano, al momento, circa il 37% del totale.
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