Sarà la Corte di Cassazione a decidere se Mohammed Morsi ha o no il diritto di invalidare le elezioni politiche in tutto o solo per un terzo degli eletti illegittimamente
Il braccio di ferro tra la Giunta militare al potere in Egitto – che con l’annullamento delle elezioni politiche aveva esautorato gli eletti e aveva avocato a sé il potere legislativo, forte della sentenza della Corte Suprema che aveva dichiarato le elezioni inficiate da vizi giuridici – e il neo presidente Mohammed Morsi è appena iniziato, con quest’ultimo che aveva annullato a sua volta il decreto della Giunta. Il Parlamento si è così riunito per 12 minuti, senza che i soldati avessero impedito l’entrata dei deputati. Questo braccio di ferro ha avuto una coda, che è il primo round di un iter che durerà ancora, e che consiste in una seconda sentenza della Corte Suprema egiziana che ha confermato sostanzialmente il verdetto precedente, anche se l’oggetto del contendere riguardava la validità del decreto presidenziale che convocava il Parlamento. Insomma, la Corte Suprema ha detto che il neo presidente non poteva ridare al Parlamento le sue prerogative visto che le elezioni non erano valide. La prima sentenza della Corte Suprema, infatti, aveva invalidato le elezioni perché non era stata rispettata l’assegnazione di un terzo dei seggi agli indipendenti, seggi che, invece, erano stati attribuiti ai rappresentanti dei partiti.
Mohammed Morsi ha riconosciuto valido il verdetto dei giudici, ma ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione: non contro i giudici, ma contro la Giunta militare che, a suo giudizio, non poteva dichiarare nulle le elezioni, ma doveva rifare nuove elezioni solo per quel terzo dei seggi non assegnati agli indipendenti. Cosa succederà ora? La guerra è solo giuridica, ma a tutti è evidente il pasticcio, che è giuridico ma soprattutto politico.
Ricordiamo che in Egitto l’esercito rappresenta il vero potere, esercitato attraverso l’uomo forte di turno, che fino ad un anno fa è stato Hosni Mubarak, ora poteva essere il nuovo presidente. Senonché, l’eletto è stato Mohammed Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, fondamentalista, e questo ai militari non sta bene. Non sta bene soprattutto il fatto che Morsi non ne ha voluto sapere di loro, ma voleva esercitare il potere in maniera indipendente, senza cioè i condizionamenti dei militari. Di qui il braccio di ferro, messo in atto dai militari stessi che, approfittando della sentenza della Corte Suprema (o magari dopo averla sollecita), hanno invalidato tutte le elezioni, creando la situazione attuale alquanto assurda: una Giunta militare con il potere esecutivo e legislativo, seppure in via provvisoria, un presidente eletto senza che possa fare alcunché in quanto non esiste un Parlamento che è il suo interlocutore diretto e naturale e, appunto, un Parlamento che secondo alcuni deve essere rieletto interamente, secondo altri solo per un terzo. Data questa situazione paradossale, adesso si attende una via d’uscita. In poche parole la sentenza della Cassazione deve riguardare la seguente materia: la Giunta aveva delegittimato tutto il Parlamento in quanto si era arrogato il diritto di legiferare, in assenza di un presidente ancora da eleggere. Ora che il presidente è stato eletto ed è in carica, ha anche il diritto di stabilire lui se le elezioni fatte siano valide in tutto o solo in parte. Il punto è tutto qui. In attesa del verdetto, l’Egitto è fermo, non ci sarà alcun’altra riconvocazione del Parlamento. Di conseguenza, la guerra giuridica continuerà in altre sedi, mescolandosi con quella politica.
Nel frattempo, il Sottosegretario di Stato americano, Hillary Clinton, incurante della volontà di Morsi che, in un pubblico discorso, aveva detto che avrebbe fatto di tutto per far liberare lo sceicco coinvolto nella progettazione dell’attentato alle torri gemelle, e detenuto proprio negli Usa, ha invitato il neo presidente negli Usa e contemporaneamente ha invitato le parti a dialogare. L’invito non è platonico, non conviene a nessuno che in Egitto continui a regnare il caos, sia perché dopo oltre un anno devono cominciare a vedersi dei risultati, sia perché sono gli Usa a pagare aiuti miliardari versati ogni anno per aiutare il processo di pace.
Intanto, la stessa Hillary Clinton, in Egitto ha visto Morsi e il generale Tantawi, capo della Giunta militare. A Morsi ha rinnovato il dialogo, a Tantawi di favorire il dialogo, chiedendo all’esercito di svolgere i compiti che gli sono propri. Quando ci sarà il verdetto della Corte di Cassazione, siamo sicuri che non sarà definitivo: troppi sono gli interessi di parte in Egitto perché ognuno possa ritenersi soddisfatto per sé, per la sua parte politica e per la posta in gioco che riguarda il controllo di un Paese chiave del Medio Oriente.