Si tratta di un’indagine su dieci persone, alcuni finiti in carcere, parenti della napoletana Maria Giulia Sergio e dell’albanese Aldo Kobuzi, due foreign fighters, combattenti stranieri, su cui si aggira la prima indagine italiana sullo Stato Islamico. Kobuzi e Sergio si sono sposati nel settembre dell’anno scorso per poi raggiungere insieme lo Stato Islamico. Mentre Aldo combatte come mujaheddin, ovvero “combattente impegnato nel jihad”, la moglie Maria Giulia svolge propaganda per il Califfato e fa proselitismo per il jihad. A rivelare primi dettagli sulle indagini è il capo del pool antiterrorismo della Procura di Milano, Maurizio Romanelli: “siamo riusciti a ricostruire come lo Stato Islamico è organizzato per ricevere i cosiddetti ‘foreign fighters’. Lavorando sulle persone contattate dalla Sergio e dal marito per raggiungere lo Stato Islamico, è stato possibile ricostruire il ruolo sovranazionale di queste persone, addirittura quella del coordinatore dei ‘foreigh fighters’, e che è deputata a ricevere nel territorio turco i combattenti stranieri provenienti da più paesi Europei”.
Inoltre “queste persone dello Stato Islamico – ha continuato Romanelli – danno le informazioni necessarie per arrivare in Turchia e poi per spostarsi in territorio siriano, e infine smistano le varie persone a seconda della loro provenienza. Una volta giunto nello Stato Islamico, Aldo Kobuzi, ha fatto sei settimane in un campo di addestramento in Iraq e poi è rientrato nel Califfato con una vera e propria qualifica formale e sostanziale di mujaheddin”. “La cosa più significativa che è emersa ed è significativa per tutti, è che questa coppia, dopo aver contratto matrimonio per andare nello Stato Islamico, ha preso contatti con l’organizzazione del Califfato”. “Quello che è emerso in modo chiaro – ha concluso il magistrato – è che le persone che hanno raggiunto lo Stato Islamico svolgono un’attività estremamente importante per determinare altre persone a fare una scelta analoga alla loro”.
Secondo diverse fonti inoltre esiste una formazione composta esclusivamente da volontari stranieri chiamata “Esercito degli Emigranti e degli Ausiliari”. A differenza di altri conflitti, in cui si è assistiti all’afflusso di militanti jihadisti stranieri, come Afghanistan, Bosnia e Somalia, il ritmo di crescita della presenza dei volontari stranieri è più alta e nella maggior parte dei casi la scelta di combattere deriva da un’iniziativa personale più che da un arruolamento da parte di un gruppo estremista. La scelta individuale è la differenza principale rispetto ai combattenti stranieri presenti nei gruppi intervenuti a combattere a fianco dell’esercito regolare siriano (tra cui libanesi, iracheni, palestinesi e yemeniti), che sono invece inquadrati in strutture organizzate.
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