La visita del premier italiano in Israele ha riportato all’attualità la questione mediorientale tra gli israeliani e i palestinesi, paralizzata da un conflitto interminabile di posizione con esplosioni periodiche di fuoco e di sangue, come è avvenuto con l’ultima guerra tre anni fa.
In realtà, la visita è stata un assist a ciò che sta maturando nella strategia americana per risolvere la crisi e che il presidente del Consiglio italiano ha favorito non solo col viaggio in Israele, ma anche nei successivi incontri con Abu Mazen e con i rappresentanti dei Paesi arabi. In cosa consiste questa proposta americana di nuova strategia? Apparentemente potrebbe far ridere, ma se si considera meglio la spinosa questione in Medio Oriente non è così. Il dialogo partirebbe attraverso “colloqui indiretti”, cioè gli israeliani e i palestinesi si parlerebbero rimanendo in due stanze separate attraverso l’inviato Usa George Mitchell che farebbe la spola tra le due delegazioni.
Questa proposta, al momento, è l’unica che potrebbe rivelarsi costruttiva in quanto tra israeliani e palestinesi non c’è più dialogo. Non solo, ma ad aggravare la situazione sono le continue recriminazioni dall’una e dall’altra parte che blocca ogni passo in avanti. Tra i palestinesi, poi, c’è un conflitto a sua volta molto complesso tra Ramallah e Gaza, ovvero tra l’Anp di Abu Mazen e l’ala dura e militare di Hamas.
Da sola questa proposta non avrebbe senso, se non fosse che i colloqui avverrebbero in un Paese arabo come l’Egitto, nella capitale Il Cairo, e sotto l’egida della Lega Araba. Questo è l’elemento nuovo in un panorama finora desolante di colloqui che non hanno portato a nulla e se hanno portato a qualche accordo, esso è stato calpestato per un gioco di conflitti all’interno o dei palestinesi o degli israeliani. La Lega Araba, dunque, irrompe sulla scena del Medio Oriente per essere garante dell’equilibrio delle concessioni e delle offerte che inevitabilmente ci sono in ogni trattativa. Il tavolo delle trattative resterà in piedi per quattro mesi, secondo gli accordi, entro i quali bisognerebbe arrivare a dei risultati. I tempi sembrano essere maturi per porre le basi per una svolta.
Non si tratta, infatti, come abbiamo detto, di un colloquio a due con un soggetto terzo garante. Questa fase ha dato pochi frutti perché gli accordi venivano rimessi in discussione ora dalla Siria, ora dall’Iran, ora da Hamas, sostenuto dalla Siria e dall’Iran. E tutto questo avveniva fuori dagli spazi della trattativa. Ora, se il soggetto terzo rimangono gli Usa, la Lega Araba, formata cioè da Paesi e popoli vicini ai palestinesi, ne diviene il garante con tutto il suo peso politico ed economico. Insomma, la Siria e l’Iran avranno vita più difficile perché dovranno vedersela con popoli della loro stessa religione.
Che questa strategia possa avere un seguito, lo dimostra ciò che sta succedendo sul campo. Se Hamas dalla Striscia di Gaza non continua come prima con i lanci di missili su Israele non è perché a Gaza sono rinsaviti, è solo perché l’Egitto controlla la zona di confine e non permette più il passaggio di armi, passaggio che prima avveniva quasi indisturbato, anche perché la zona di confine è fatta di cunicoli sotterranei difficili da controllare in quanto possono essere ostruiti e scavati di nuovi nel giro di poco tempo. Dunque, l’Egitto è parte attiva nella trattativa.
Il secondo motivo a sostegno del possibile successo della nuova strategia consiste nel ruolo della Giordania, che si è avviata verso la prospettiva dello sviluppo e del benessere e si disinteressa di vecchie questioni. Il terzo motivo è più importante ed è il ruolo che la Lega Araba vuole giocare in Medio Oriente a favore della pace e contro le mire espansionistiche e belliciste dell’Iran.
La Lega Araba, in sostanza, non vede di buon occhio la corsa dell’Iran alle armi nucleari ed ora si è accorta che non ci sono altre vie per la sicurezza di tutta la regione se non quella della volontà di raggiungere un accordo stabile e duraturo sulla convivenza pacifica tra palestinesi e israeliani.
È possibile che l’egida della Lega Araba alla ripresa della trattativa si spieghi con un altro calcolo. La Lega ormai è convinta che in Iran succederà qualcosa perché la situazione non potrà continuare al ritmo delle impiccagioni e della follia militare. Che possa intervenire un cambiamento radicale dall’interno (l’opposizione che abbatterà il regime) o dall’esterno (reazione militare israeliana), la Lega Araba vuole esserci per salvare il salvabile. Il Medio Oriente è diventato un teatro di sangue e un mucchio di macerie: così non potrà durare all’infinito.