Ci sono scritti si impongono prepotentemente e colpiscono dritto le coscienze dei lettori sconvolgendole. Sarà per questo motivo che “Come se fossi solo”, la prima prova letteraria di Marco Magini, è stata subito un successo guadagnandosi, meritatamente, una menzione speciale al premio Calvino 2013. Il romanzo dello scrittore emergente racconta una delle stragi più terribili della nostra storia più recente ingiustamente dimenticata: cosa è accaduto a Srebrenica nel non lontanissimo 1995 Magini lo racconta attraverso il vissuto del soldato Drazen, del casco blu olandese Dirk e del giudice Romeo. Abbiamo rivolto alcune domande allo scrittore sul suo romanzo d’esordio
Cosa si prova ad essere tra i finalisti del Premio Calvino 2013 e a ricevere la menzione speciale della giuria al primo romanzo?
È stata una bella sorpresa. Avevo mandato il manoscritto al Premio Calvino per capirne il valore. L’avevo fatto leggere a pochi e visto che il premio offre una scheda a tutti i partecipanti, ho pensato fosse un’ottima occasione per avere un riscontro “professionale”. Il giorno che ho ricevuto la notizia ero a casa perché nel pomeriggio a Technopark, dove lavoro, era venuta a mancare l’elettricità. Ero su Skype con un amico a cui dicevo “come sarebbe bello se mi avessero scelto per la finale…” È stata una grandissima soddisfazione, l’inizio di una bella avventura.
Cosa ti ha spinto a scrivere la storia di Drazen?
Ho scoperto questa storia per caso, nel periodo durante il quale stavo completando la tesi, attraverso il racconto di un’amica. Mi ha colpito la storia di questo ragazzo, trovatosi a combattere contro eventi tragici, che riesce a mantenere intatto il suo metro di giudizio, nonostante il mondo intorno a lui sia capovolto, ma è comunque sopraffatto da una scelta più grande di lui: uccidere o essere ucciso.
Cosa ha significato per te raccontare la storia di Drazen e la tragedia di Srebrenica?
È stato il viaggio dentro un genocidio del quale sapevo troppo poco, è stato lo scoprire la storia di una generazione di giovani che hanno dovuto combattere una guerra non loro.
Insieme a Drazen, nel tuo libro prendono voce altri due personaggi: il soldato olandese dei caschi blu Dirk e il giudice Romeo. Chi sono e che cosa rappresentano?
Dirk rappresenta l’intera comunità internazionale che ha preferito chiudere gli occhi davanti a quello che stava succedendo in quei giorni a Srebrenica: Dirk è infatti un casco blu olandese, uno di quei caschi blu che avrebbero dovuto proteggere i civili e che invece non lo hanno fatto. Il giudice Romeo è l’altra faccia della stessa medaglia, rappresenta anch’esso la comunità internazionale che si trova a giudice l’accaduto.
È giusto considerare i tre personaggi come vittime diverse della stessa tragedia? L’autore si serve delle loro diverse esperienze per esporre tre differenti interpretazioni della stessa strage?
Io nel romanzo non ho voluto dare il mio giudizio su quanto accaduto, ho voluto piuttosto dare al lettore tutti gli strumenti necessari per raggiungere le proprie conclusioni. Era necessario quindi creare una polifonia di storie che offrissero diversi angoli di lettura sulla vicenda.
Come spiega il Giudice Romeo Gonzàles, quello di Srebrenica è stato “il più grande crimine compiuto in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”. Come mai si conosce così poco?
Siamo continuamente bombardati d’informazioni al punto che finiamo per riuscire a concentrarci solo sul quotidiano, un po’ come strumento di auto-difesa e un po’ per l’oggettiva difficoltà nel relazionarsi con situazioni così distanti dal nostro vissuto, soprattutto in casi estremi come quello della guerra. Per questo credo che il romanzo rimanga lo strumento più efficace per far immergere il lettore in una realtà anche lontana e fargli così comprenderne le sfaccettature.
La lettura di un libro suscita sempre reazioni differenti nel lettore. Quali vorresti far scaturire in chi legge “Se fossi solo”?
L’obbiettivo è sicuramente quello di far comprendere al lettore le dinamiche dietro ad un genocidio di quella portata in modo da poter carpirne i segnali e evitare che certe tragedie avvengano di nuovo.
Dopo aver affrontato la tragedia di Srebrenica, costatando gli orrori della guerra, e aver “rivelato” di come anche l’indifferenza possa uccidere, come ti rapporti oggi agli attuali conflitti?
La cosa che più colpisce è quanto poco impariamo dal passato: i pullman che trasportano fuori i civili da Homs in Siria ricordano paurosamente quelli di Srebrenica e noi, la comunità internazionale, ancora una volta stiamo a guardare.
Hai in programma di scrivere altro? Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?
Ci sto pensando: quella che sto vivendo con Come fossi solo è un’avventura davvero bella, penso che mi rimetterò al lavoro appena troverò una nuova storia di cui mi innamorerò.