Il premier cerca il rilancio sul piano internazionale e con provvedimenti legislativi, il Pd con il Congresso di ottobre e il dibattito sul futuro partito
Archiviato il risultato elettorale con i due giudizi che hanno chiuso qualsiasi analisi approfondita sul voto (Franceschini: “È iniziato il declino della destra”; Berlusconi: “Vorrei averne tante di queste sconfitte”), la maggioranza e l’opposizione – messe magicamente da parte anche le polemiche riguardanti feste, festini e privacy – si avviano a percorrere strade separate, ciascuna nel tentativo di rilanciare la propria immagine e la propria iniziativa politica.
La prima, la maggioranza, con l’azione di governo; la seconda, l’opposizione, con il congresso e la scelta del nuovo segretario politico.
La bufera di polemiche che lo aveva investito per oltre un mese, tutto sommato, gli ha solo scalfito il consenso e l’immagine. Siccome la metà circa delle amministrazioni provinciali e comunali è passata dalla sinistra alla destra, il premier si rilancia con le iniziative del governo che sono parecchie.
La prima è il decreto anticrisi per il rilancio dell’occupazione e per gli investimenti delle imprese in macchinari nuovi. Il decreto, varato il 26 giugno, ha incontrato il favore di gran parte dei soggetti interessati, dalla Confindustria alle piccole imprese, dai sindacati agli esperti di economia.
Le misure riguardano soprattutto la detassazione del 50% degli utili reinvestiti dalle imprese in macchinari, gli incentivi in denaro alle imprese che non licenziano o non mettono in cassa integrazione o anche ai cassintegrati che decidono di mettersi in proprio, gli sconti sui costi dell’energia per le imprese e per le famiglie, l’abolizione della tassa sulle visite specialistiche, la stretta sui paradisi fiscali, l’innalzamento da 3 a 10 anni dell’età dei figli alle famiglie che hanno diritto al bonus famiglia.
Proprio negli stessi giorni il Cipe ha sbloccato i 4 miliardi che servono per mettere in cantiere alcune grandi opere pubbliche e il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto che finanzia la ricostruzione delle case in Abruzzo. Per ora sono fuori dal provvedimento coloro che non sono residenti e posseggono seconde case nelle zone terremotate, ma il finanziamento sarà assicurato da un altro provvedimento. Infine, per quanto riguarda il piano casa – ampliamento del 20% della superficie delle case o del 35% dei palazzi da buttare giù e da rifare con criteri antisismici – il premier ha promesso che si darà da fare per sbloccare il consenso delle regioni, che lo avevano precedentemente bloccato su alcuni aspetti normativi.
Il presidente del Consiglio, insomma, vuole riacquistare la popolarità scalfita proponendosi come capo di una maggioranza che “fa le cose e mantiene le promesse”.
Sul fronte dell’attività internazionale, il presidente del Consiglio conta molto sul vertice del G8 a L’Aquila, ma finora non se n’è stato con le mani in mano. Ha partecipato alla riunione della Nato con la Russia, in Grecia, riservata ai ministri degli Esteri, e probabilmente sarà invitato da Gheddafi alla riunione dell’Unione dei Paesi Africani in qualità di presidente del G8.
Per il Pd si è aperta la fase congressuale, che si terrà il 10 ottobre. Il Congresso, fissato appena dopo le dimissioni di Veltroni e l’elezione pro tempore di Dario Franceschini, rischiava di essere rinviato.
Per iniziativa, infatti, di alcuni esponenti del Pd, D’Alema in testa, alla direzione del 24 giugno si è cercato di stemperare le polemiche e il clima da scontro depotenziando la causa delle divisioni, tanto più che Franceschini, eletto come detto pro tempore, ha deciso di candidarsi alla carica di segretario.
I suoi avversari hanno visto in questa candidatura una specie di prevaricazione, data la carica che riveste e data la posizione di forza da cui parte. Niente da fare. La data del Congresso è stata mantenuta e da allora ufficialmente si è aperta la gara. Bisogna dire che non è piaciuta a tutti la sua auto investitura quando ha detto “tutti a casa, tranne me”, alludendo al fatto che solo lui potrebbe svecchiare la dirigenza. Per adesso l’altro candidato è Pierluigi Bersani, sostenuto da D’Alema, da Rosy Bindi, da Letta e vari altri. Franceschini sarebbe sostenuto, tra gli altri, da Fassino e dalla neo eletta alle Europee, Debora Serracchiani.C’è da aggiungere che esponenti degli ex Ds e dell’Ex Margherita sostengono sia Franceschini che Bersani. In questo senso, non ci sono fratture di provenienza.
Sul futuro pesano alcune incognite.
La prima è un’eventuale terza candidatura, probabilmente impersonata da Sergio Chiamparino, sindaco di Torino. Sono in molti a spingere l’esponente piemontese a scendere in campo. Lui per ora si è mostrato cauto, ma non ha escluso la sua candidatura. La seconda incognita sono le tappe. Prima ci sarebbe il Congresso – in cui si discuterebbe dell’identità del partito, di quale partito costruire e di quale programma adottare – poi ci sarebbero le primarie. Va detto che finora le primarie sono state un evento inutile, in quanto nel 2005 si è scelto un candidato premier, Romano Prodi, che era già stato designato e nel 2006 si è scelto Veltroni segretario Pd, anch’egli già designato. Insomma, la gente è stata chiamata per ratificare scelte già avvenute.
Sarà così anche la terza volta? Si vedrà. Il vero problema per il Pd è sempre lo stesso: l’amalgama. Franceschini ha detto: su temi delicati uno solo deve essere il criterio “sacro”, quello della laicità, ma nel Pd sono in tanti – l’ala cosiddetta teodem – a non farsi mettere i piedi addosso dai “laici”, al punto che una mini scissione, magari capitanata da Francesco Rutelli con approdo all’Udc, non è da escludere.