La crisi mette il freno ai consumi e il calo delle vendite, confermato dai dati Istat diffusi nei giorni scorsi, riduce in ginocchio sempre più negozi.
Nei primi sei mesi dell’anno, infatti, gli esercizi commerciali al dettaglio sono calati di 10.159 unità, secondo quanto risulta dal rapporto Movimprese curato da Unioncamere diffuso a luglio.
A chiudere le saracinesche, infatti, sono stati ben 36.798 negozi. Solo parzialmente rimpiazzati dalle 26 mila nuove aperture.
Il “crollo” è stato più forte nel primo trimestre dell’anno (si sono persi a causa della crisi poco più di 10 mila esercizi commerciali), mentre nel periodo aprile-giugno il saldo tra negozi chiusi e nuove aperture è stato praticamente pari a zero.
Un dato molto negativo, anche rapportato ai numeri di fine 2008: l’anno scorso si è registrata una diminuzione di circa 44 mila unità nelle imprese del commercio e del turismo, di cui circa 22 mila solo nel settore della vendita al dettaglio.
E le previsioni per fine 2009, se non ci saranno nel frattempo forti inversioni di tendenza o forme di incentivo pubblico per far ripartire i consumi richieste dalle organizzazioni del commercio, sono ancora più fosche: le associazioni di categoria, Confesercenti e Confcommercio, stimano circa 50 mila esercizi commerciali che rimarranno “vittime” della crisi entro dicembre.
Nei primi sei mesi dell’anno la Regione in cui hanno abbassato per sempre le saracinesche il maggior numero di negozi è stata la Campania (dove hanno chiuso 4.598 punti vendita), seguita dalla Lombardia (4.056 chiusure).
In entrambe le Regioni, anche considerando le nuove aperture, il saldo finale degli esercizi commerciali è stato negativo: -760 in Campania, -1.114 in Lombardia.
È quanto emerge dai dati della ricerca Movimprese, realizzata da InfoCamere per Unioncamere.
Diminuiscono le aperture e aumentano le chiusure, ma anche nel bel mezzo della crisi la vitalità dell’imprenditoria immigrata non sembra arrestarsi e cresce dell’1,7% nel secondo trimestre dell’anno, rispetto ai tre mesi precedenti. La maggior parte di questi piccoli imprenditori è di origine africana; seguono europei e asiatici.
Il settore di attività più gettonato è senza dubbio quello del commercio.
Questa invece la fotografia scattata da Movimprese, la rilevazione trimestrale condotta per conto di Unioncamere da InfoCamere, sull’imprenditoria immigrata in Italia.
Ci sono anche loro, dunque, a trattenere il respiro, in attesa di tempi migliori, i quasi 250 mila piccoli imprenditori titolari di aziende individuali che al 30 giugno scorso risultavano iscritti ai registri delle Camere di commercio, pari al 7,3% di tutte le aziende di questo tipo.
La vitalità di queste piccole imprese, sottolinea l’indagine di Unioncamere, appare piuttosto sostenuta, sebbene le difficoltà del momento si facciano sentire su entrambi i versanti della dinamica demografica.
Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, infatti, sono diminuite le aperture e aumentate le chiusure: nel periodo aprile-giugno le nuove imprese aperte sono state 9.915 (753 in meno rispetto allo stesso periodo del 2008), mentre 5.789 sono state quelle che hanno chiuso i battenti (744 in più dell’anno scorso).
Ma il saldo del trimestre è risultato pari a 4.126 unità, +1,7% rispetto alla fine di marzo: l’anno scorso, invece, il saldo era stato sensibilmente superiore e pari a 5.623 unità.
Un dato significativamente superiore rispetto al dato medio nazionale riferito alle imprese individuali (+0,25%).
Quanto alla localizzazione, la Toscana si conferma terra di elezione per l’imprenditoria immigrata che, nelle tradizioni manifatturiere e artigianali della regione trova un favorevole humus per un insediamento diffuso.
A Prato, in particolare, quasi un terzo delle imprese parla straniero.
Oltre alla Toscana, solo altre due regioni (Lombardia e Liguria) fanno registrare una presenza di imprese di immigrati superiore al 10%.
In termini assoluti, invece, le presenze più consistenti si registrano in Lombardia (46.032 imprese), Toscana (26.323) ed Emilia Romagna (25.188).
Per quanto riguarda, invece, l’area di provenienza dei titolari di imprese immigrati, il serbatoio principale è il continente africano, con oltre 97mila presenze, pari al 39,6% del totale, con il Marocco (46.834 titolari di impresa) a fare da capofila.
A grande distanza seguono i cittadini senegalesi (13.597), i tunisini (11.136), gli egiziani (10.408) e i nigeriani (5.824).
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