La settimana scorsa, e precisamente martedì, con la firma del ceco Vaclav Klaus che ha ratificato il Trattato di Lisbona, è nata la nuova Europa. Dopo il referendum irlandese e l’assenso della Polonia, mancava solo la sua firma.
Ora, appunto, il Trattato di Lisbona può entrare in vigore dal primo gennaio del 2010.
I punti più importanti sono che il presidente del Consiglio europeo cesserà di essere a turno, ogni sei mesi, il capo del governo di uno dei Paesi membri, ma sarà eletto e rimarrà in carica due anni e mezzo. Allo stesso modo, verrà eletto “Mister Pesc”, cioè l’alto rappresentante della politica internazionale e della sicurezza, il ministro degli Esteri, che sarà automaticamente anche vice presidente della Commissione, organo esecutivo dell’Unione. Il Parlamento vedrà aumentare i propri poteri e sarà composto da un massimo di 751 deputati. In conseguenza della ridistribuzione del numero dei seggi a causa dell’entrata di nuovi membri (attualmente sono 27) l’Italia passerà da 78 a 73 deputati.
A titolo di cronaca, la presidenza del Consiglio europeo toccherà a un popolare, perché il Ppe è maggioritario in seno al Parlamento. Tra i papabili figurano il premier belga Van Rompuy e l’ex premier austriaco Wolfgand Schüssel. Alla carica di Mister Pesc ci sono David Milliband, attuale ministro degli Esteri inglese, Frank-Walter Steimeier, ex ministro degli Esteri tedesco, e l’italiano Massimo D’Alema, sostenuto dal governo italiano pur non facendo parte della maggioranza.
Le candidature a Mister Pesc sono presentate dal Pse e devono ricevere comunque l’assenso del Paese di provenienza del candidato.
D’Alema l’ha ottenuto, il governo in questi giorni si sta attivando presso le Cancellerie europee, ma l’impresa non è facile, soprattutto per il passato del candidato italiano. Ricordiamo che egli è stato comunista, un’eredità non certo positiva, specie ora che si festeggia il ventennale della caduta del Muro di Berlino, simbolo di quei regimi.
Dopo qualche giorno dalla presentazione della rosa dei nomi, la Polonia ha già dichiarato che il passato di comunista pesa, la dichiarazione è stata ridimensionata il giorno dopo, ma più che altro si tratta di una marcia indietro diplomatica.
Anche se la candidatura di Milliband è più autorevole, sia in quanto socialista che in quanto ministro degli Esteri in carica, i giochi sono ancora tutti da fare.
Ritornando alla “nuova Europa”, bisogna precisare che si tratta di una delle tante tappe che finora l’hanno caratterizzata. Certamente l’Unione ha ancora molto cammino davanti a sé, prima di diventare un’unica realtà politica, come lo sono, ad esempio, gli Stati Uniti d’America. Va anche ricordato che la prima tappa fu la nascita della Cee nel 1957, di cui facevano parte il Belgio, la Francia, l’Italia, il Lussemburgo, la Germania Ovest e l’Olanda. La Cee aveva carattere economico più che politico. Dieci anni dopo, nel 1967, furono unificate le varie siglie: la Cee, appunto, la Ceca e la Ceea, cioè le comunità economiche del carbone e dell’acciaio.
L’aspetto politico è nato con il Trattato di Mastricht, nel 1992, quando l’Europa era formata da dodici Paesi. Mastricht pose le basi per l’entrata in vigore dell’euro e per l’armonizzazione delle legislazioni nazionali per avere uno standard comune cui chi era indietro doveva adeguarsi, nonché per la libera circolazione delle merci e delle persone (abolizione delle frontiere).
Il Trattato di Lisbona (2007) farà fare all’Unione un altro passo in avanti: da ora in poi gli altri Stati dovranno trattare con il presidente e con il ministro degli Esteri, i quali rappresenteranno l’Unione a tutti gli effetti.
L’altro fatto di politica internazionale è l’elezione di Hamid Karzai a presidente dell’Afghanistan. Le elezioni per il ballottaggio tra lui e Abdullah Abdullah dovevano aver luogo il 7 novembre, ma una settimana prima Abdullah Abdullah ha rinunciato, motivando il rifiuto col fatto che la commissione elettorale era formato da quegli stessi che avevano permesso i brogli del primo turno. In sostanza, non c’erano garanzie di regolarità. Di fatto, però, la decisione del secondo candidato ha spianato la strada all’attuale presidente e le elezioni sono state annullate.
Gli Usa hanno preso atto della situazione, ma hanno posto condizioni a Karzai, le stesse condizioni che ha posto il premier britannico, Gordon Brown, il quale ha dichiarato che gli inglesi non saranno disposti ad operane in Afghanistan se la corruzione non verrà combattuta. In sostanza, non si morirà per Kabul se non ci sarà una svolta vera.
Quanto agli americani, essi stanno per prendere la decisione in merito all’aumento dei soldati, circa 40 mila in più, chiesti dal generale Stanley Chrystal. L’aumento delle truppe rafforzerebbe la nuova strategia di coinvolgere i talebani moderati nel governo del Paese per isolare con più efficacia – di qui l’aumento dei soldati – i talebani fondamentalisti e i terroristi di Al Qaeda.
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