Uno studio italiano dimostra la possibilità di una diagnosi precoce della malattia attraverso la Pet
Proprio nel momento in cui impazza la moda del icebucketchallenge, ovvero la secchiata d’acqua ghiacciata a favore della Sla, sclerosi laterale amiotrofica, arriva una buona notizia che potrebbe cambiare l’evoluzione di questa malattia. Si tratta di una patologia rara che si presenta più frequentemente negli uomini che nelle donne che comporta l’indebolimento dei muscoli fino a quando non si atrofizzano. Il paziente affetto da Sla perde le capacità funzionali vitali, tra cui di deglutizione, dell’articolazione della parola e del controllo dei muscoli scheletrici con una paralisi che può avere un’estensione variabile, fino alla compromissione dei muscoli respiratori alla necessità di ventilazione assistita e quindi alla morte, in genere entro pochi anni. L’inizio della SLA può essere così subdolo che i sintomi vengono spesso trascurati. I sintomi iniziali includono debolezza muscolare, che influisce sul funzionamento di un braccio o di una gamba, brevi contrazioni (mioclonie), “dimagrimento” muscolare o atrofia, crampi, oppure una certa rigidità dei muscoli; voce indistinta o tono nasale, con particolare difficoltà a pronunciare la lettera “erre”. La SLA influisce in modo predominante sui neuroni motori: nella maggioranza dei casi la malattia non danneggia le funzioni cognitive, la personalità, l’intelligenza o la memoria, né influisce sulla capacità di vedere, odorare, sentire o percepire sensazioni tattili. Il controllo dei muscoli oculari è la funzione conservata più a lungo. Finora la Sla, poteva essere diagnosticata esclusivamente attraverso l’indagine clinica e con il supporto di metodiche neurofisiologiche e pertanto richiedeva un lungo periodo di osservazione. Non esiste un singolo test che fornisca una diagnosi definitiva di SLA, la diagnosi di SLA, e in particolare la sua tempestività, è basata in grande misura sull’osservazione attenta dei segni che il medico nota nel paziente, e successivamente da una serie di test che servono per escludere altre malattie.
In questi giorni in cui si è tornati a parlare di questa malattia grazie all’originale campagna di sensibilizzazione icebucketchallenge, un’équipe di ricercatori italiani ci porta delle buone notizie proprio grazie al loro studio che ha dimostrato la possibilità di diagnosticare precocemente la Sla usando la tomografia a emissione di positroni. Si tratta di un risultato davvero incoraggiante se si pensa che questo tipo di malattia può essere identificata solo quando insorgono i sintomi. Grazie a questo studio però le cose possono cambiare. “La tecnica che abbiamo sviluppato permette di raggiungere un’accuratezza diagnostica del 95% e rappresenta un passo importante per lo sviluppo nella diagnosi precoce della malattia”, spiega Marco Pagani, uno degli autori dello studio. “Finora la Sla poteva essere diagnosticata esclusivamente attraverso l’indagine clinica e con il supporto di metodiche neurofisiologiche e pertanto richiedeva un lungo periodo di osservazione. L’accelerazione e la maggiore accuratezza della diagnosi di Sla sono fondamentali oltre che per la certezza di reclutare nei trial clinici pazienti con diagnosi confermata anche per lo sviluppo di nuove terapie e per l’identificazione di possibili familiarità sulle quali intervenire precocemente”. Il risultato di questa ricerca, pubblicato sulla rivista Neurology, dimostra dunque la possibilità di diagnosticare precocemente la Sla con un esame di tomografia ad emissione di positroni (Pet) mediante un tracciante simile al glucosio già utilizzato per altre analisi di medicina nucleare.
Lo studio nasce dalla collaborazione fra Marco Pagani (ricercatore dall’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR di Roma), Adriano Chiò (direttore del Centro Esperto SLA dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e della Scienza e Dipartimento di Neuroscienze dell’Università degli Studi di Torino) e la dottoressa Angelina Cistaro (ricercatrice del Centro PET IRMET di Torino) e la sua importanza sta anche nel fatto che questa tecnica permette di raggiungere un’accuratezza diagnostica del 95% e rappresenta un passo importante per lo sviluppo nella diagnosi precoce della malattia.