La raccomandazione di Sir Paul Coleridge, magistrato dell’Alta Corte britannica, sta suscitando polemiche nel Regno Unito
L’Alta Corte britannica sta facendo parlare di sé, e non in bene. Recentemente ha pontificato in materia di convivenza e matrimonio, non con una sentenza, ma con un’opinione, cioè con una raccomandazione, che è inusuale per quell’istituzione. Cosa è successo esattamente? E’ successo che Sir Paul Coleridge, dall’alto scranno che occupa, ha consigliato chi vuole fare un figlio di sposarsi. Non ha importanza dinanzi a chi, se ad un prete o ad un pubblico ufficiale, ma a farlo, con una bella fede al dito legittimata dall’unione. In sostanza, ha detto a chi non è sposato: per favore, non fate figli; se volete farli, allora, appunto, sposatevi. A questo punto ognuno può immaginare gl’improperi che le coppie non sposate (e sono tantissime) gli hanno indirizzato e, al contrario, l’approvazione che gli sposati gli hanno manifestato.
Siccome la sua uscita è stata accompagnata da molte critiche, l’alto magistrato ha spiegato perché l’ha fatto. Non è per volontà moralistica, ha precisato subito, ma per tutelare meglio il bambino. Secondo gli esperti della Marriage Foundation, le coppie non sposate sono meno stabili di quelle sposate, per cui, in caso di scioglimento del rapporto i figli ne subiscono le conseguenze maggiori. E’ chiaro che anche le coppie sposate possono separarsi, ma il quadro giuridico che sottosta all’unione garantisce di più il bambino. Inoltre, dice Sir Paul Coleridge, secondo i risultati di una ricerca approfondita su questa materia, le coppie sposate si separano di meno. Per essere più chiari, la ricerca ha dimostrato che le coppie non sposate si lasciano in misura del doppio rispetto a quelle sposate. Dunque, conclude il magistrato, perché il bambino sia meglio garantito sarebbe bene che le coppie di conviventi, prima di avere un bambino ci pensassero su e scegliessero di dare più stabilità alla loro unione con un bel matrimonio.
Va da sé che ogni opinione va riferita anche alla situazione nella quale matura. Quella di Sir Paul Coleridge è maturata in un Paese in cui nel 2016 nasceranno più bambini fuori dal matrimonio che all’interno di esso.
E in Italia? Le convivenze esistono e aumentano sempre di più, ma il matrimonio – civile o religioso – regge. Ogni anno si sposano circa 200 mila coppie, anche se ogni anno questa cifra si assottiglia di circa un migliaio. Separazioni e divorzi sono stabili, circa 88 mila all’anno, un po’ più di un terzo. La tendenza, in realtà, va verso ciò che accade in Inghilterra, ma per adesso siamo ancora lontani da quelle percentuali. Secondo stime e statistiche, in Italia circa sei milioni di coppie hanno sperimentato la convivenza prima di decidersi a sposarsi, il che conferma che l’alto magistrato inglese non ha detto una cosa stupida. Le coppie di fatto in Italia sono circa 800 mila, i figli nati da coppie non sposate sono circa 80 mila all’anno. Come dicevamo, il quadro giuridico del matrimonio tutela di più i bambini.
Sempre più studi specifici, comunque, mettono in evidenza che il tasso di litigiosità tra le coppie non sposate è superiore a quello delle coppie sposate. Ciò significa che i litigi tra le coppie non sposate ricadono più pesantemente sul benessere affettivo ed economico del bambino. In genere, tra le coppie non sposate è più alto il rischio dell’incapacità di uno dei genitori o anche di tutti e due di far fronte ai propri doveri, per cui succede in percentuale molto maggiore che il bambino debba essere affidato a terzi, il che rappresenta un grosso trauma per il minore. L’elenco dell’instabilità maggiore delle coppie non sposate è presto fatto. Ci sono coppie formate da poco, quindi senza un vero legame affettivo; ci sono, tra i giovani, più disoccupati, più immaturi ed impreparati, sia alla convivenza che alla crescita di un figlio; la mancanza, poi, di un legame giuridico, facilita l’allontanamento in caso di contrasti.