Il nuovo decreto che sospende le attività produttive, industriali e commerciali del Paese per contrastare l’emergenza Covid-19, porterà l’Italia alla perdita del 70% del tessuto produttivo
La situazione pandemica che come una morsa stringe l’Italia allo stremo, sta rivelando nell’immediato la situazione di stress a cui è sottoposta la nostra nazione per quanto riguarda diversi settori, primo fra tutti quello sanitario. Ci sono settori però che ne pagheranno le conseguenze anche una volta che l’epidemia sarà conclusa. Parliamo dell’aspetto economico. Supposto che il governo abbia cercato di comportarsi nel miglior dei modi per contenere i danni non solo a livello economico dell’intera Nazione, gli effetti del Covid-19 sulla nostra economia, oltre che già tangibili nelle tanche dei singoli italiani, saranno ancora più evidenti una volta superato questo momento, quando ci sarà una nuova crisi da affrontare.
Con il nuovo decreto annunciato da Conte, al fine di contenere in maniera più efficace l’epidemia del coronavirus, e che entra in vigore dalla giornata di oggi, lunedì 23 marzo, vengono costrette alla chiusura ancora più attività commerciali e industriali. Questo nuovo obbligo seppure necessario, è un grosso macigno che grava sull’economia italiana oggi, ma che significherà anche una ripresa molto più difficile e che compromette duramente la maggior parte del tessuto produttivo. Spiega Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, a Circo Massimo, che con questo decreto “si pone una questione che dall’emergenza economica ci fa entrare nell’economia di guerra. Il 70% del tessuto produttivo italiano chiuderà”.
“Con questo nuovo decreto sono moltissime le persone che rimangono a casa, se si calcola che resta aperto solo il 20-30% delle attività intese come essenziali. È un’operazione massiva che costerà tanto, allo Stato e a tutti noi. Ci avviamo a mesi difficili e dobbiamo evitare di non pensare alla ‘fase 2’: dobbiamo vincere la battaglia contro il virus e almeno per la difesa, non dico il rilancio, dell’economia”, spiega Boccia per il quale serve l’azione per fare in modo che lavoratori e imprenditori superino questa fase di transizione. Per questo motivo, continua Boccia, è stato proposto al governo di “allargare un fondo di garanzia che permetta di avere liquidità di breve alle imprese per superare questa fase di transizione”.
“Usciremo tutti con un debito ma che potrà essere pagato a 30 anni, come un debito di guerra. Dobbiamo intervenire per fare in modo che, quando tutto sarà finito, le aziende riaprano e tutto, con gradualità, torni alla normalità”, afferma ancora. Secondo il presidente di Confindustria è necessario evitare che le molte aziende, per crisi di liquidità non riescano più a riaprire nel giro di poche settimane. Inoltre, “quanti giorni, quanti mesi può sopravvivere un’azienda che arriva a fatturato zero?” si chiede Boccia, per non parlare del fatto che con il passare del tempo aumenteranno i problemi di rifornimento: come far arrivare i prodotti essenziali a supermercati e farmacie? E ancora, come fare per far riaprire le imprese e riassorbire i lavoratori, visto che la cassa integrazione aumenterà? Per questo motivo “dobbiamo occuparci e preoccuparci di come uscire da questa criticità per evitare che molte aziende, se non tutte, per crisi di liquidità potrebbero non riaprire più nel giro di poche settimane”.
“Ora bisogna lavorare su due strumenti necessari: garantire alle imprese la liquidità e costruire un’operazione di opere pubbliche in modo che la domanda pubblica possa compensare il calo di domanda privata. Oggi parliamo di numeri più rilevanti del decreto da 25 mld, bisogna prenderne consapevolezza. L’UE lo ha già fatto sospendendo il Patto di stabilità”, conclude Boccia.