In Ticino si è finalmente deciso per la chiusura della scuola, adesso si spera anche per gli altri cantoni!
Le mamme italiane in Svizzera non ci stanno. Si interpellano, si fanno domande e si scambiano dubbi e preoccupazioni attraverso telefonate, messaggi e piattaforme social: le uniche possibilità per riunire virtualmente e senza correre rischi voci e idee. Su Fb i post della maggior parte dei gruppi degli italiani all’estero ha un unico filo conduttore ed è il Coronavirus e l’idea comune è: come è possibile? Già, come è possibile che all’evidente tragedia che si sta consumando nella nostra cara e vicinissima Italia, la Svizzera (ma anche la Francia, il Belgio, la Germania…) guardi con attenzione ma senza correre ai ripari? I dati sanitari diffusi giorno per giorno sono chiari, prima o poi l’epidemia arriverà e l’unico rimedio è l’isolamento, il non contatto con gli altri in modo da contenere quanto più possibile la diffusione dell’epidemia. Per fare questo, uno dei primi provvedimenti preso in Italia è stato la chiusura delle scuole. Invece no, in Svizzera si continua ad andare a scuola tranquillamente. Ogni giorni i nostri figli sono obbligati a riunirsi nelle proprie classi dove, sì seguono un protocollo igienico più controllato e rigido (sono invitati più volte al lavaggio delle mani), ma continuano a svolgere le ordinarie mansioni scolastiche e quindi: condividono gli spazi, si scambiano oggetti, hanno contatti ravvicinati, come spesso avviene alla loro età. E anche se molte mamme hanno istruito i propri figli, c’è chi li ha muniti di gel disinfettante, chi chiede loro di evitare di abbracciare la compagnetta o di dare la mano all’amichetta, sono pur sempre bambini!
Come mai la Svizzera sembra prendere l’epidemia Covid-19 così superficialmente? Se facciamo un giro per le strade tutto sembra proseguire come sempre, i mezzi pubblici trasportano un gran numero di passeggeri e nelle ore di punta sono ugualmente pieni. L’unico provvedimento preso è quello di garantire una distanza di sicurezza al conducente.
I negozi, anche quelli non di prima necessità, continuano ad esercitare giornalmente, qualcuno ha attrezzato le aree con gel disinfettante a disposizioni dei clienti e dei lavoratori, ma nulla di più. Lo stesso per bar, pasticcerie, ristoranti e luoghi di aggregazione.
Tutto è lasciato alla disciplina della popolazione, al buon senso delle persone, che sono invitate ad adoperare le norme comportamentali e di buon igiene suggerite, ma sappiamo bene a poco servono le precauzioni delle famiglie se tutto poi viene vanificato dal fatto che i genitori vanno a lavoro e i figli a scuola.
Sono stati annullati gli eventi con raggruppamenti di persone, il settore turistico svizzero, infatti, ne risente potentemente, ma come mai però lo svolgimento delle lezioni scolastiche non sono considerate un “raggruppamento di persone”?
Quello che sta accadendo in Svizzera – noi italiani che seguiamo con partecipazione le vicende del nostro Paese lo sappiamo bene – è già accaduto in Italia con l’iniziale convinzione che si tratti di una banale influenza, con la successiva costatazione che sia un’influenza, ma più preoccupante e infine con la situazione che sfugge inesorabilmente di mano, gli ospedali pieni di ricoveri e di casi urgenti, gli amici e i familiari che lasciano le abitazioni in ambulanza. Le dichiarazioni del presidente del consiglio, Giuseppe Conte, con un crescente tono di preoccupazione in concomitanza con direttive sempre più rigide e ristrettive che con l’epidemia ormai diffusa hanno portato alla decisione estrema di richiedere l’isolamento di tutti gli italiani nelle proprie case, la chiusura degli esercizi commerciali tranne quelli di prima necessità e gli spostamenti ridotti al minimo e controllati dalle forze dell’ordine. La scuola, chiusa da settimane, si è organizzata attraverso i mezzi tecnologici, lezioni a distanza tramite videochiamate di gruppo, scambio di materiali didattici attraverso internet. Chi può lavora da casa e il governo si sta attrezzando per fornire aiuti a chi avrà ripercussioni economiche. L’Italia sta facendo qualcosa di esemplare per gli altri paesi, ma nessuno sembra cogliere i suggerimenti. La storia non insegna più? Nemmeno quella recentissima, attuale, e talmente vicina che è tangibile sulla nostra pelle?
Per questo in chi vive all’estero, ma conosce benissimo le vicissitudini italiane, avanzano innumerevoli le preoccupazioni e gli interrogativi che si leggono sui social. Tra ieri e oggi sono iniziate a circolare raccolte di firme e petizioni per la chiusura delle scuole in Svizzera, proprio in queste ore è arrivata la decisione della chiusura delle scuole in Ticino, A partire da lunedì 16 marzo, saranno chiuse. Lo ha comunicato il Cantone nella mattinata di oggi venerdì 13 marzo, adottando anche altre misure che vanno a toccare l’amministrazione pubblica e l’economia privata. La decisione è stata presa dal Consiglio di Stato al fine di ridurre ulteriormente i contatti interpersonali ravvicinati tra la popolazione. E pare che anche il Lichtenstein abbia chiuso le scuole. Adesso, per tutti gli italiani in Svizzera, ma anche tutta la popolazione in generale, la speranza che la stessa decisione sia presa in tutta la Confederazione si fa più forte e magari si potrà scongiurare prima il contagio brutale di questa brutta epidemia!