Le concessioni sulle spiagge italiane vanno messe a gara. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza che riunisce due cause che vedono opposti alcuni gestori di bagni a enti locali, in Lombardia e Sardegna. Per la Corte, il diritto dell’Unione è contrario alla possibilità che le concessioni per l’esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico, in assenza di qualsiasi procedura di selezione dei potenziali candidati. Secondo i giudici di Lussemburgo, la proroga, prevista dalla legge italiana, impedisce di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei candidati alla gestione del servizio.
In Italia la normativa vigente ha disposto una proroga automatica e generalizzata della scadenza delle concessioni, rilasciate anche senza alcuna procedura di selezione; l’ultima volta è stata rinviata alla fine del 2020. Nonostante la legge, ad alcuni operatori privati è stata negata la proroga della concessione; hanno quindi fatto ricorso, e i giudici italiani si sono rivolti alla Corte di Giustizia dell’Ue per avere chiarimenti sulla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Ue.
Con la sentenza, la Corte stabilisce anzitutto che tocca ai giudici italiani decidere se le concessioni italiane debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via delle scarsità di risorse naturali. Nel caso in cui la direttiva sia applicabile, la Corte precisa che il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i candidati, che deve essere imparziale, trasparente e adeguatamente pubblicizzata.
La Corte precisa infine, che, nel caso in cui la direttiva non fosse applicabile e qualora una concessione simile presenti un interesse transfrontaliero accertato, la proroga automatica della sua assegnazione a un’impresa con sede in uno Stato membro costituisce una disparità di trattamento, a danno delle imprese degli altri Paesi Ue, potenzialmente interessate a tali concessioni, disparità di trattamento che è contraria alla libertà di stabilimento.
Adnkronos