L’Ambasciatore Cosimo Risi, noto a Ginevra per avere ricoperto il ruolo di Rappresentante Permanente presso la Conferenza del Disarmo, dal 29 agosto 2013 è l’Ambasciatore d’Italia a Berna. Laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Napoli nel 1974, vanta una solida esperienza nella diplomazia multilaterale. Dopo un’assegnazione iniziale, da giovane diplomatico, presso l’Ambasciata d’Italia in Kuwait, egli ha ricoperto numerosi incarichi presso l’Unione Europea o presso uffici del Ministero degli Esteri competenti in affari europei e euro – mediterranei. Vasta è la sua produzione scientifica su temi internazionalistici. A pochi giorni dall’inizio della sua carica di Ambasciatore a Berna, Cosimo Risi ha rilasciato un’esclusiva intervista a Carmelo Vaccaro parlando dei più importanti temi di auttalità e quelli che maggiormente interessano agli italiani in Svizzera.
Ambasciatore, anche gli italiani nel mondo risentono della crisi economica di cui attualmente soffre l’Italia e che si ripercuote direttamente sulle comunità dei nostri connazionali. In questo contesto possiamo citare, tra l’altro, la chiusura dei consolati e i tagli sul numero degli addetti consolari, che rendono più problematico il disbrigo delle pratiche amministrative; la riduzione delle risorse destinate ai corsi d’italiano, che ostacola il mantenimento dell’identità culturale; il diniego al riconoscimento dell’unica abitazione posseduta in Italia come prima casa ai fini IMU, che comporta maggiori oneri fiscali. L’insieme di questi provvedimenti incide limitatamente sul risanamento del debito pubblico ma produce effetti devastanti sul legame affettivo con la Madre Patria. Possiamo sperare che, in un futuro prossimo, la nostra Italia mostri maggiore attenzione alle esigenze degli italiani all’estero?
Il Ministero degli Esteri ha deciso di chiudere le agenzie consolari e non i consolati. I tre Consolati generali di Ginevra, Lugano e Zurigo, i due Consolati di Basilea e San Gallo, la Cancelleria consolare di Berna restano in funzione e si rafforzano grazie al personale ed ai mezzi che ricevono dalle agenzie in via di chiusura.
La decisione di chiudere risponde anzitutto a esigenze di politica interna: la cosiddetta spending review che porta ad un dimagrimento generale dell’amministrazione pubblica. E poi risponde all’auspicio delle autorità svizzere di limitare per quanto possibile il numero degli uffici consolari conservandone uno per ciascuna area linguistica. A questo auspicio si adeguano gli stati membri UE che hanno collettività paragonabili alla nostra. Il fatto che all’Italia si consentono cinque uffici autonomi, oltre alla cancelleria di Berna, va inteso come segno di rispetto per l’ampiezza e la ramificazione della nostra collettività su tutto il territorio elvetico. I contributi ai corsi hanno subito una diminuzione, in linea con l’austerità generale di cui sopra, ma stiamo cercando d’invertire la tendenza tant’è che, per stare al caso di Ginevra, gli enti gestori hanno ricevuto quanto avevano chiesto. Il Governo ha trovato una soluzione per l’IMU sulla prima casa, resta da vedere riguardo alla seconda.
Sappiamo che Lei è un profondo conoscitore dei temi europei. I rapporti tra la Svizzera e l’Unione Europea sono sempre più stretti, anche se nel Paese non mancano le voci che si levano a reclamare il ritorno a quella autonomia totale che ha caratterizzato per secoli i rapporti della Svizzera con i suoi vicini e con la comunità internazionale. Lei ritiene che ci siano possibilità di ulteriori avvicinamenti tra la Confederazione e l’Unione Europea?
È una domanda che andrebbe correttamente rivolta agli Svizzeri. Dai primi contatti mi pare di capire che, se l’ipotesi dell’adesione è da escludere, varie componenti spingono per un collegamento sempre maggiore con l’UE. Anche in temi delicati come la fiscalità si prospetta un avvicinamento. La Commissione europea ha appena ricevuto dal Consiglio il mandato a negoziare un accordo con la Svizzera per conto dei Ventotto. Restano dei punti aperti, come quello sulle quote per gli stati membri e sul dossier istituzionale.
Nonostante la cessione di una parte delle prerogative nazionali a favore di una più stretta integrazione europea, resta ancora agli Stati membri molta autonomia nella politica estera. Quali sono i dossier principali dei quali Lei si dovrà occupare?
I nostri dossier sono quelli di politica estera generale dell’Italia e dell’Unione: sempre considerando la posizione della Svizzera essendo la nostra un’Ambasciata bilaterale. Il tema della Siria è fra quelli di maggiore attualità. Lo stesso dicasi dell’emergenza umanitaria provocata da disastri ambientali e di origine umana. La Svizzera affronta con serietà e spirito di solidarietà il tema dei profughi e ne siamo consapevoli e grati. La nostra collaborazione con l’Ambasciata di Svizzera a Roma è costante e questo ci permette un buon lavoro di squadra.
E a parte i temi attualmente in trattazione, su quali altri argomenti ritiene possibile o auspicabile aprire tavoli negoziali?
Non tavoli negoziali, che è una parola grossa e attinente a certe nostre liturgie sindacali, quanto spunti di conversazione e di dialogo. Anzitutto quello del miglioramento delle già ottime relazioni economiche e commerciali. Tre fenomeni colpiscono. L’Expo 2015 verso cui la Svizzera è seriamente proiettata e noi facciamo di tutto per incoraggiarne la presenza. L’interscambio fra i due paesi è cresciuto nonostante la crisi finanziaria ed è ripreso il flusso migratorio dall’Italia alla Svizzera, che riguarda anche giovani “acculturati” attratti da un impiego congruo ai loro talenti ed alle loro conoscenze. Ed infine la promozione dell’Italia sotto tutti i profili, specie quello della cultura e del turismo. Vi è la cultura “alta” di cui abbiamo esempi illustri in Svizzera grazie alle opere dei neo Senatori a vita Abbado, Piano, Rubbia: tutt’e tre impegnati a vario titolo in questo paese. Vi è la cultura “materiale” dell’enogastronomia, dove vantiamo numeri da superpotenza. Fra i nostri obiettivi è quello di proporre agli Svizzeri, che già l’amano, un’Italia “felix” in senso goloso e gioioso. Allo scopo intendiamo lavorare con Camera di Commercio, Slow Food, Accademia Italia della Cucina e con chiunque voglia dare una mano. Vorrei anche lavorare coi ristoratori italiani, operanti qui e in Italia, e con gli importatori e coi responsabili acquisti delle grandi catene di distribuzione. Infine – ma è notizia ancora riservata – abbiamo in mente un grande e innovativo progetto per portare qui il meglio del “prodotto Italia”. Chi ama l’Italia, ne trova uno spicchio fedele qui e l’originale nel nostro paese.
Per finire, se permette una domanda di carattere personale. Lei ha vissuto a Ginevra e ora si trova a Berna. Due città, due diverse facce della poliedrica Svizzera. Quali sono gli aspetti peculiari che Lei ha più apprezzato della città di Calvino e quali apprezza ora nella Sua nuova sede?
Di Ginevra ho la memoria dell’acqua. Lago e fiume non sono come il mare della mia città natale ma lo scroscio somiglia. Chiudo gli occhi e ricordo le passeggiate con mio nonno sul Lungomare. Berna è continentale e austera. Mi rammenta Bruxelles, la città dove ho prestato servizio a lungo. Padroneggio bene il francese e malissimo il tedesco. Devo impegnarmi nello studio. In conclusione, ringrazio Lei, Caro Direttore Vaccaro, per avermi offerto la possibilità di esprimere il mio pensiero in questa che è la prima e probabilmente l’ultima intervista che concedo. Lei fu il mio primo interlocutore a Ginevra nel 2012, mi piace che sia il primo a Berna nel 2013.
Caro Ambasciatore, a nome della SAIG, de “La Notizia di Ginevra “ e de “La pagina” di Zurigo la voglio ringraziare per l’intervista concessomi e le auguro un buon lavoro!
C.V.