È appena trascorso un anno dallo scoppio della pandemia per Coronavirus e ancora stiamo lottando contro il virus che ha immobilizzato il mondo. Era il 21 febbraio quando, al Policlinico San Matteo di Pavia, il 37enne Mattia Maestri, di Codogno, viene ricoverato ed etichettato come “paziente 1” perché risultato positivo al test di COVID-19. Una data convenzionale, certo, ma ufficiale perché è il momento in cui il virus esce allo scoperto a livello mondiale. Dopo il “paziente 1”, i malati si sono moltiplicati a dismisura, le nazioni sono state coinvolte una alla volta, ma nessuna ne è stata risparmiata. Il mondo intero si è piegato all’epidemia più mortale degli ultimi tempi. Era dai tempi della cosiddetta Spagnola, che non si vedeva un’epidemia così pericolosa e nessuno di noi avrebbe mai immaginato di vivere quello che davvero è accaduto. Abbiamo dovuto confrontarci improvvisamente con situazioni paradossali, abbiamo visto strade e città intere isolate, vuote cartoline spaventose che giungevano da tutto il mondo. Abbiamo cambiato il modo di lavorare, lasciato nostri uffici, modificato il modo di fare “riunioni”, stare con i colleghi o ricevere i clienti. Siamo stati costretti a rivedere piani e progetti: le ferie, le vacanze, le feste… . Amici e parenti sono stati presenti solo attraverso gli schermi, dove è stato possibile, altrimenti sono diventati una voce o anche un pensiero. Abbiamo visto saracinesche abbassarsi, molte non si rialzeranno più. Gente che ha perso il lavoro, chi la dignità, molti la speranza. C’è chi ha dovuto subire la malattia, chi ha pregato e sperato per i propri cari, chi, purtroppo, non li ha più visti. Abbiamo avuto paura di un semplice sintomo. Abbiamo dovuto dire addio al sorriso, non solo perché obbligato sotto una mascherina. Un tempo interminabile, eppure è stato solo un anno ma che ci ha stremati per la pienezza di avvenimenti, per i cambiamenti, per le contraddizioni, per le notizie, quelle vere e soprattutto quelle false.
Un giorno, però torneremo a fare tutto quello che facevamo un anno fa, dal semplice abbraccio all’amico, al film al cinema, magari seduti accanto un estraneo non considerato per forza sospetto. Torneremo a far le cose più normali e spontanee, senza pensare e calcolare le conseguenze. Oppure no?
La pandemia ha avuto un certo impatto sul pianeta e sulle persone che vi abitano. Pensiamo al semplice ma rilevante effetto ambientale con macchine ferme, fabbriche chiuse, mobilità ridotta al minimo indispensabile. Tutto ciò ha reso possibile la diminuzione sensibile dell’inquinamento e la terra è tornata a respirare. Pensiamo alle nostre competenze, siamo diventati più tecnologici, è stato inevitabile. Abbiamo potuto fare cose “da remoto” che prima si facevano di presenza e, grazie alla tecnologia di massa, abbiamo anche imparato a farlo. Non possiamo dire se questo ci ha reso persone migliori o no, ma più competenti: pensiamo alla moltitudine di termini scientifici e tecnici che sono diventati di uso comune. Quello che accadrà dopo il COVID-19 sarà sicuramente condizionato da quello che c’è stato prima, è inevitabile. Non saremo più gli stessi, è la risposta più scontata e anche la più logica, perché l’esperienza insegna e ci (tras)forma. Ad un anno dalla pandemia non siamo in grado di dire cosa succederà, ma saremo coscienti del fatto che tutto dovrà essere ripensato e impostato in base all’esperienza che stiamo vivendo oggi che ci sta cambiando, giorno dopo giorno.