Secondo una ricerca americana il potere d’acquisto della comunità omosessuale è stimato attorno a 641 miliardi di dollari
Ormai nella stragrande maggioranza dei Paesi cosiddetti avanzati esiste una legge che regola o il matrimonio gay o le unioni di fatto omo ed eterosessuali. Ci sono persone pro o contro, la gente si è divisa o continua a dividersi. Chi, però, ha accettato di buon grado la tendenza dei tempi, anche perché ha fiutato l’affare, sono determinate aziende. Non tutte, ma comunque parecchie: quelle che operano in settori ben precisi. Sono nate le aziende “gay friendly”, che non solo offrono capi di vestiario e oggetti in uso da parte dei gay, ma hanno testimonial gay, così che alcuni prodotti vengono identificati con gusti gay suscitando moda e tendenze.
Insomma, i gay vanno a comprare presso aziende che, puntando sui gay, inseriscono tra i loro testimonial chi ha fatto outing, in genere idoli sportivi o del mondo dello spettacolo. A fine aprile il giocatore Nba Jason Collins ha fatto coming out e il suo sponsor ha dichiarato: “Ammiriamo il suo coraggio e siamo fieri che sia un atleta Nike”. E’ chiaro che il marchio Nike, attraverso il pivot dei Washington Wizards, ha avuto le sue ragioni nell’associare le dichiarazioni del giocatore con le Nike: si tratta di affari e quando ci sono affari di mezzo non si guarda in faccia a nessuno o, meglio, si guarda in faccia a tutti. E’ la legge del mercato.
Prima del citato giocatore è successo ad altri atleti in disarmo. I gay in genere sono tra il 4 e l’8 per cento di tutta la popolazione, una bella fetta che fa moltiplicazione perché anche i gay, come gli etero, fanno moda e tendenza, insieme ai familiari, agli amici, ai parenti e ai conoscenti e in genere a tutti coloro che sono aperti e sensibili a queste tematiche.
Le aziende gay friendly hanno visto l’ingresso di altre aziende importanti come Ikea, IBM, Apple, Google, Levi’s, Bacardi ed altre, ma è chiaro che là dove gli affari sono i più succulenti sono i viaggi e il tempo libero. Secondo l’Istituto per il Turismo spagnolo i clienti omosessuali spendono il 30% più degli altri, ma il vero boom sono le aziende specializzate nel cosiddetto Wedding planning gay, cioè nell’organizzazione dei matrimoni gay. Le leggi – l’abbiamo detto – esistono quasi dappertutto, dunque crescono a vista d’occhio i matrimoni e crescono anche i guadagni. La Spagna ha celebrato finora 27 mila matrimoni gay in sette anni, 4 mila all’anno, una bella riserva di caccia per le agenzie specializzate. A New York in meno di un anno i matrimoni gay sono stati 8200, una cifra record con introiti pari a 260 milioni di dollari per 200 mila invitati (vestiti, scarpe, eccetera) che hanno passato – si calcola – 235 mila notti in albergo e utilizzato servizi. Insomma, l’indotto è vasto.
E in Italia, dove la legge non c’è ancora e dove le nozze e le semplici unioni sono illegali? Beh, c’è chi, come “Same love” cerca di precorrere i tempi. Prima o poi deve pur essere approvata una legge, tanto vale prepararsi prima. Se non c’è ancora la legge, si fanno le prove, ci si sposa ugualmente, anche se le firme non contano. A celebrare nozze virtuali sono i rappresentanti delle organizzazioni gay, ma ogni rito comporta un seguito al ristorante e varie sortite nei negozi di moda prima del giorno memorabile. A far moda non sono solo scarpe e vestiti, ma anche menu e dolci vari.
Secondo una ricerca americana il potere d’acquisto della comunità gay si aggira sui 641 miliardi di dollari (avete letto bene: 641 miliardi di dollari) e il 71% dei consumatori omosessuali prova più simpatia per le aziende che usano testimonial gay. Il cerchio si chiude. Senza contare che i personaggi gay sono “opinion maker” in ragione del doppio rispetto ai personaggi etero.
Come si vede il mondo gay riguarda i sentimenti, i diritti, ma anche gli affari, e non è una novità.