La crisi porta con sé reazioni diverse, anche nella moda. Se da un lato, infatti, su alcune passerelle abbiamo visto sfilare creazioni rigorose, quasi minimaliste, su molte altre troviamo il lusso estremo a caratterizzare le proposte per l’autunno inverno 2009-2010. Tornano così in voga non solo ricercatissimi e preziosi capi come giacche e cappotti di pelliccia (e, purtroppo non si tratta solo di pellicce ecologiche), ma anche abiti, sciarpe e gilet in volpe, visone, ermellino…
Non vengono risparmiati neanche gli accessori come scarpe e borse, cappelli, scirpe, senza alcuna mezza misura, quanto per le che per le forme: lusso e stravaganza sono le parole d’ordine.
Ma non per tutti.
Per fortuna c’è anche chi, in tempi come questi, pur senza rinunciare alle tendenze, butta un occhio al portafogli e l’altro all’armadio, riuscendo ad assecondare la moda recuperando capi andati in disuso…
C’era una volta un vecchio cappotto di astrakan che apparteneva alla mamma. Anzi alla nonna. Era da anni gettato in un angolo dell’armadio, protetto dalla naftalina. Non è l’incipit di una favola, bensì l’inizio di una nuova attività che mira al recupero di capi usati, adattandoli alle ultime tendenze della moda.
Oggi, infatti, quel vecchio cappotto di cui non ci si voleva liberare, soprattutto per un legame affettivo, torna a nuova vita con un’operazione di restyling, realizzata da un gruppo di signore esperte del settore, che si sono riunite sotto al marchio Deja Mis e girano tutte le più grandi città italiane, mostrando il loro campionario di capi già pronti, con il loro temporary show-room itinerante.
La stilista che rimoderna le pellicce è Maria Paola Pedetta (disegna la linea di tendenza Cappa e Spada). La sua socia è Letizia Tomacelli, che ha alle spalle una ventennale esperienza nel campo della pubblicità. Da un anno le due signore hanno affidato il compito di realizzare il restauro dei capi in pelliccia delle clienti al laboratorio artigianale di Sabina Giangreco con sede a Firenze.
“L’idea – spiega Letizia Tomacelli – è quella di ricreare con la vecchia pelliccia un capo nuovo, di carattere, di tendenza. Nascono così giacche, gilet e mantelle uniche, alleggerite, svuotate, spesso ricolorate, contaminate da suggestioni folk, arricchite da dettagli preziosi, come colli e bottoni in seta o damasco, o fodere in sete e lane pregiate”.
“All’inizio – aggiunge – lavoravamo per una cerchia ristretta di clienti-amiche. Poi con il passaparola abbiamo cominciato ad essere conosciute anche fuori dall’ambito romano e fiorentino. Così abbiamo pensato di spostarci in tutta l’Italia con un campionario di capi in pelliccia, che dimostra come possono tornare nuovi un cappotto di visone o una giacca di astrakan, nelle grandi città italiane, affidandoci a capaci pierre. In pratica, con il nostro temporary show-room itinerante, siamo già state a Milano, a Torino, a Parma. Oltre, ovviamente, a Roma e Firenze.
Siamo molto soddisfatte dei risultati. Abbiamo avuto molte consegne in queste città tra il mese di settembre e novembre, perfino un cappotto di giaguaro, che sappiamo essere specie protetta – continua – ma negli anni Cinquanta e Sessanta era molto di moda.
A Roma di recente abbiamo fatto scegliere alle clienti il modello che desideravano ricreare, mostrando i capi del nostro campionario, abbiamo preso le misure delle clienti e i vecchi capi in consegna. Torneremo per la prova tra un mese. A gennaio presenteremo il campionario primavera estate”.
La pelliccia restaurata è approvata anche da chi ha scrupoli animalisti. “L’idea di uccidere altri animali per vanità – dice Tomacelli – non piace a nessuno. È assurdo però tenere nell’armadio un capo per decenni senza usarlo”.
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