E’ morto a Verbania Luciano Lutring, il bandito che nel giro di pochi anni negli anni Sessanta mise a segno circa 200 rapine tra Milano e Parigi
Alla fine della settimana scorsa all’ospedale Castelli di Verbania è morto Luciano Lutring, negli anni Sessanta definito in una delle cronache del Corriere della Sera “il solista del mitra”. La morte di un bandito non dovrebbe essere l’occasione per esaltarne il personaggio. Infatti, se ne parliamo, non è per fare l’elogio di Lutring bandito, lo ricordiamo per il messaggio che lui stesso rivolse dalla tv, dove lo invitavano per raccontare la sua storia. Diceva Lutring rivolgendosi ai giovani e in genere ai telespettatori: “Non siate quel che io ero”.
Dicevamo che Luciano Lutring fu definito “il solista del mitra”. La definizione fu data perché in realtà il padre ne voleva fare davvero un musicista e gli regalò un violino. Ebbene, Luciano accettò il regalo, ma non imparò mai a suonare. In compenso utilizzò la custodia del violino per nascondere le armi e gli attrezzi del mestiere. La vita di Luciano Lutring si può dividere in due parti ben distinte. La prima parte è quella del bandito, la seconda è quella dello scrittore e del pittore, di un personaggio allegro, ottimista, sorridente, secondo il giudizio di un suo amico Giorgio La Torre. Sia nella prima parte che nella seconda Lutring è stato amante delle belle donne, della bella vita, del lusso, dell’arte. Ma cominciamo con il bandito, che nel giro di 5-6 anni – tra gli anni ’60 e ’65 – mise a segno insieme a qualche complice circa 200 colpi tra l’Italia e la Francia. Non fu un bandito per natura, ma per caso. Un giorno Luciano, incensurato e magari con in testa il violino di suo padre, andò alla posta per pagare una bolletta. Saranno stati i suoi lineamenti marcati, saranno stati i suoi capelli lunghi, ricci e neri, il suo sguardo penetrante, certo è che l’impiegato lo scambiò per un bandito e gli consegnò la cassa nelle mani. Luciano Lutring si vide tutti quei soldi in mano, senza aver fatto o detto nulla, e se ne andò. Rifletté sull’accaduto e si disse che guadagnare senza lavorare tutto sommato non era poi così male, specie se i soldi te li davano così facilmente.
In realtà successe solo la prima volta, a partire dalla seconda si calò subito nei panni del rapinatore, anche se non ha mai ammazzato nessuno e se ha sempre cercato di “non fare troppo male alle persone innocenti” che avevano avuto solo il torto di incrociarlo in qualche banca. Il teatro delle sue imprese furono Milano e Parigi. Qui, nel 1965, la polizia rispose con il fuoco e qualcuno rimase a terra. Luciano Lutring fu arrestato e condannato a 22 anni di prigione, di cui ne scontò 12. In Francia, tra un’impresa e l’altra si sposò con Yvonne, che ne condivise latitanza e fughe. Fu in prigione che cominciò a cambiare e il bandito pian piano sparì per far posto a un uomo nuovo. Cominciò a scrivere romanzi e a dipingere e non se la cavava per nulla male. Nel 1977 ricevette da grazia prima dal presidente francese Georges Pompidou e poi da Giovanni Leone. Mantenne anche una corrispondenza epistolare con Sandro Pertini, allora presidente della Camera.
Abbiamo detto che diventò uno scrittore e un pittore, ma non è tutto. Essendo un personaggio che sapeva intrattenere gli spettatori, veniva invitato nelle varie trasmissioni televisive, e ispirò anche vari registi che raccontarono la sua storia in film di una certa notorietà come “Svegliati e uccidi” e “Lo zingaro” Durante le trasmissioni, Luciano Lutring non amava esaltarsi, anzi, diceva che non era fiero di quel che era stato.
Si sposò con Flora, sua seconda moglie (da cui poi si separò ma che gli è stata vicino fino all’ultimo), da cui ebbe due gemelle, Katiusha e Natasha, che hanno annunciato la morte del padre, avvenuta a 75 anni dopo un periodo di problemi di salute. Il suo amico Giorgio La Torre ha detto che Luciano non credeva che sarebbe morto. “Appena ne vengo fuori”, gli aveva confidato, “andiamo a mangiare a Galliate e poi cerchiamo di vendere un paio di quadri”. Nei tempi della sua giovinezza soleva dire, tra una rapina e l’altra, che “una via d’uscita c’è sempre”, ma questa volta non c’è stata.
Luciano Lutring era diventato un’altra persona, aveva paura persino di prendere una multa, niente a che fare con il bandito di una volta, che tra l’altro era cosa ben diversa da quelli violenti e assassini che sono venuti dopo. Uno che l’avesse conosciuto negli anni scorsi, mai avrebbe detto che fosse stato quel che era stato. Luciano Lutring ha sbagliato, ma si è fermato abbastanza in tempo da essere diventato ciò che mai avrebbe pensato di essere.