Onu: lo Stato islamico sta conducendo in Iraq “una pulizia etnica e religiosa”
Damasco è pronta a collaborare con l’Occidente e con l’intera comunità internazionale per combattere il terrorismo. L’apertura ad un asse con Usa e Gran Bretagna per far fronte alla minaccia dell’Is arriva dal ministro degli Esteri siriano, Walid al-Muallim. “Chiunque voglia coordinarsi e cooperare con noi dovrebbe prendere la questione sul serio e non con un doppio standard”, ha precisato il ministro parlando con i giornalisti a Damasco. “Diamo il benvenuto alla recente decisione del Consiglio di Sicurezza Onu sulla lotta al terrorismo, anche se arriva in ritardo”, ha aggiunto, citato dall’agenzia Dpa. Il ministro ha infine precisato che ogni attacco alle postazioni dello Stato islamico e del Fronte al-Nusra in territorio siriano senza un preventivo coordinamento con le autorità di Damasco sarà visto come un’aggressione. L’Onu parla di “pulizia etnica”: lo Stato islamico sta conducendo in Iraq “una pulizia etnica e religiosa”. La denuncia è arrivata dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay. “Gravi e orribili violazioni dei diritti dell’uomo vengono commesse ogni giorno dallo Stato islamico e dai gruppi armati associati – ha detto in una nota – colpiscono sistematicamente gli uomini, le donne ed i bambini in virtù della loro appartenenza etnica, religiosa o settaria e conducono senza pietà una pulizia etnica e religiosa nelle regioni sotto il loro controllo”. Continuano gli attacchi in Iraq:tre autobombe sono esplose nella città di Kirkuk a nord di Baghdad la scorsa settimana: almeno 15 persone sono state uccise e altre 60 ferite. Attualmente la città petrolifera di Kirkuk si trova sotto il controllo delle forze armate curde. Due delle tre autobombe sono esplose in prossimità di edifici in costruzione utilizzati dalle forze di sicurezza come posti d’osservazione, mentre il terzo attentato è avvenuto all’ingresso di un mercato. È stato liberato intanto il giornalista Peter Theo Curtis. Cinque giorni dopo la diffusione del terribile video della barbarica decapitazione del giornalista James Foley, dalla Siria arriva finalmente la buona notizia: un altro reporter americano, Peter Theo Curtis, è stato liberato, quasi due anni dopo che era scomparso nel sud della Turchia e poi trasferito in territorio siriano.
Un attacco dell’Is contro obiettivi negli Stati Uniti o in Europa è solo una questione di tempo. Ne è convinto il generale Michael Hayden, ex capo della Cia, che intervistato dalla Cnn ha definito lo Stato Islamico una “organizzazione locale molto potente, ragionevolmente la più potente organizzazione terroristica della regione. Ma ha ambizioni globali – ha aggiunto – e ne ha gli strumenti”. Hayden ha quindi ricordato che la lo Stato Islamico ha “espresso l’intenzione” di un attacco contro l’Occidente: “non c’è modo più potente di accreditarsi nella comunità jihidasta che realizzare un attacco del genere”. Del resto il Michael Morell, vice direttore ad interim della Cia che ha definito la decapitazione di James Foley come rappresaglia per i raid Usa “il primo atto terroristico del gruppo contro gli Usa”.
Nel tentativo di bloccare la radicalizzazione di membri della comunità islamica locale, il governo britannico chiede aiuto agli imam che in questi anni si sono distinti per le loro posizioni anti-estremismo. Come l’imam della moschea Makkah di Leeds, Qari Asim, che, dopo che sono state diffuse le immagini sconvolgenti della decapitazione del giornalista americano James Foley da parte di un jihadista britannico dell’Isil, ha chiesto ai suoi fedeli di “lavorare con i servizi di intelligence ed il governo per garantire che questo veleno non raggiunga i nostri confini”. Asim però, in un’intervista alla Bbc, non ha problemi ad indicare nel coinvolgimento militare di Londra in Iraq una delle principali cause che hanno spinto molti giovani islamici britannici, oltre 500 secondo l’intelligence, ad unirsi alle file degli estremisti dell’Isil. Ragazzi normali, come Mohammed Hadi, 18enne di Conventry, scappato di casa nei mesi scorsi per poi cominciare, lo scorso giugno, a pubblicare messaggi estremisti su Twitter, proclamandosi membro dell’Isil con il nome di Abu Yaha al-Kurdy.
“Quando era a casa era normale, un musulmano moderato”, raccontano i genitori di Hadi che sono convinti che sia stato un imam locale a spingere il figlio verso convinzioni estremistiche ed anche a fornirgli i soldi per comprare il biglietto per andare in Turchia, accompagnandolo poi oltre il confine in Siria. “Questi sono i nostri sospetti, ma non ci sono prove, come possiamo fare?”, afferma il padre di Hadi, sottolineando che l’imam locale non è stato formalmente accusato di nulla. Solo una minoranza dei leader religiosi islamici in Gran Bretagna sono da ritenersi colpevoli di seminare l’odio estremista, affermano comunque fonti del governo britannico, ricorda il New York Times.