Non confondiamo la forma con la sostanza. Anche quest’anno, per i noti problemi causati dalla emergenza sanitaria mondiale, in assenza di un dialogo fra i partecipanti, l’incontro di gennaio a Davos del World Economic Forum-WEF, uno dei maggiori centri mondiali di ricerche socio-economiche, si è svolto nella forma semplificata di Davos Agenda, rassegna di contributi video cui, fra gli altri, hanno contribuito in modalità informatica alcuni dei più importanti protagonisti della scena politica mondiale, fra i quali il leader cinese Xi Jinping, Ursula von der Leyen per l’Unione Europea, ed il nuovo cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Tuttavia, dicevamo, anche in forma digitale la forma non equivale alla sostanza.
Perché i discorsi dei partecipanti sono apparsi concilianti in teoria, divergenti in pratica, e quindi lontani da conseguire soluzioni condivise.
Con risultati talvolta paradossali quanto difficilmente giustificabili.
Ad esempio, é incomprensibile perché, approfittando della pandemia internazionale, i governi non si coalizzino per mettere al bando gli esperimenti in tema di guerra batteriologica e risparmiare alla popolazione mondiale la eventualità di nuovi disagi sanitari, la cui attuale origine, è bene ricordarlo, rimane ancora misteriosa.
Concentriamoci quindi sulle tematiche finanziarie.
Insomma: back to basics, torniamo alle origini, alle questioni economiche che da oltre mezzo secolo caratterizzano il WEF.
Tutti gli intervenuti hanno riconosciuto che una ripresa economica è indispensabile a riprendere i progetti di sviluppo bloccati dalla pandemia.
Nel 2021 gli indicatori hanno generalmente confermato una intonazione al rialzo, come ricordato da Christine Lagarde, subentrata a Mario Draghi alla presidenza della European Central Bank.
Si tratta di un risultato facile a prevedersi, dopo un 2020 dove la industria mondiale si è vista costretta ad una sosta forzata, conseguente ad una logica di mercato che non trova economico produrre beni quando i consumatori non li acquistano semplicemente perché non possono uscire di casa.
Grazie all’arrivo dei vaccini, il 2022 si è aperto sotto una diversa prospettiva, con un rimbalzo economico di cui però si fatica prevedere il punto di arrivo.
Come in politica, anche in economia le interpretazioni non sono univoche.
Rallenta l’economia della fabbrica del mondo, la Cina; questo ne aumenta la voracità di materie prime e di risorse energetiche, oltre che la esportazione di inflazione verso quei paesi che sinora si erano abituati a considerare il paese del Celeste Impero come un fornitore senza troppe pretese di beni a buon mercato.
In Europa l’inflazione al momento ha raggiunto il 5%, ma dalla ECB viene ancora considerata un fenomeno temporaneo.
Si tratta di una interpretazione probabilmente dettata dalle circostanze.
Altrimenti il vecchio continente dovrebbe riconoscere la necessità di aumentare i tassi di interesse.
Ma così facendo non solo svaluterebbe la efficacia dei recovery plan, i finanziamenti concessi da Bruxelles alle economie maggiormente colpite dalla pandemia, ma indebolirebbe anche il sistema industriale del nostro continente proprio quando invece quest’ultimo è chiamato a generare valore per rimborsare i crediti ricevuti.
E allora cerchiamo di interpretare quanto sta accadendo rivolgendoci agli Stati Uniti, dove la inflazione nei soli dieci mesi dello scorso anno è balzata dall’1.4% al 7%, e sono già stati annunciati incrementi degli interessi.
La Segretaria al Tesoro Janet Yellen, il ministro delle finanze americano, grazie anche ad una politica di sussidi pubblici ed investimenti in ambito climatico decisa dalla amministrazione Biden, può chiudere il bilancio del 2021 con un invidiabile elenco di dati al rialzo: aumento di quasi il 5% del PIL, la redditività economica del paese; creazione di oltre sei milioni di nuovi posti di lavoro; arretramento dei senza lavoro sotto la soglia del 4%, e previsioni di sviluppo economico per l’anno in corso superiori al 3%.
“Al momento non intravediamo una ripresa della disoccupazione, dei fallimenti aziendali e delle insolvenze, insomma degli elementi che anticipano l’arrivo di difficoltà”.
Inoltre i pacchetti di ripresa economica Bipartisan Infrastructure Bill e Build Back Better dovrebbero confermare la volontà della amministrazione Biden, “di prediligere una ripresa sostenibile e socialmente inclusiva”, continua Yellen, e quindi non supportata da semplici incrementi dei valori di bilancio.
Tuttavia anche oltre oceano il diavolo si nasconde nei dettagli.
Perché i valori positivi ora segnalati si concentrano nella logistica, nei servizi, nella grande distribuzione; insomma: nel terziario, più che nella industria, che invece è il vero terreno dove crea valore e si vince la partita della recovery, della ripresa mondiale.
Ora non resta che attendere poche settimane per ricevere aggiornamenti sul destino delle economie mondiali.
Perché, terminati i video-contributi di Davos Agenda, il WEF ha aggiornato i lavori alla prossima sessione, finalmente in presenza e non più virtuale, che si svolgerà nella cittadina grigionese dal prossimo 22 al 26 maggio.
di Andreas Grandi