Il giallo di Garlasco, il delitto in cui Chiara Poggi, 26 anni, fu ammazzata a casa sua il 13 agosto del 2007 e di cui fu subito sospettato il fidanzato Alberto Stasi, sta entrando in una fase cruciale al termine della quale il giovane e unico imputato o sarà assolto o sarà condannato.
Come in tutti i gialli che si rispettino, la soluzione apparirà magicamente solo alla fine; per adesso, dopo essere stato sotto i riflettori in quanto mostro per due anni, le certezze sulla colpevolezza di Alberto Stasi sono cominciate a vacillare, al punto da far prefigurare un’assoluzione per non aver commesso il fatto.
Verso la fine di agosto, gli esperti della commissione nominata dal giudice per accertare alcune circostanze non chiare e non chiarite dalle precedenti indagini, scoprono che il giovane aveva detto sempre la verità quando aveva sostenuto che nella mattinata del 13 agosto aveva lavorato al computer.
I carabinieri, all’indomani del delitto, gli sequestrarono il computer e, mentre controllavano se era vero che aveva lavorato nelle ore in cui la ragazza era morta, cancellarono inavvertitamente le tracce che potevano condurre alle prove di quanto dichiarava il ragazzo.
In mancanza di queste tracce, era apparso il probabile assassino della sua fidanzata. Alla fine dell’agosto di due anni dopo, quelle famose tracce vennero fuori ad opera di altri esperti, tra cui uno che due anni prima non le aveva trovate.
Questa circostanza fece tirare un sospiro di sollievo alla difesa di Alberto Stasi, sempre proclamatosi innocente, ma l’euforia durò poco.
L’avvocato dell’accusa rivelò che la famiglia Poggi aveva girato un video in cui si dimostrava che tra le 9 e 10 – ora in cui Chiara aveva disattivato l’allarme di casa sua – e le 9 e 36 – ora in cui era registrata la traccia del lavoro di Stasi al computer – era possibile aver commesso il delitto.
Il punteggio di uno a uno, però, è durato poco, perché man mano che sono passati i giorni gli esperti nominati dal giudice hanno accertato una serie di altri elementi che concorrerebbero tutti a scagionare il giovane.
Diciamo “concorrerebbero” perché fino alla conclusione del processo tutto può essere dato per probabile ma nulla per certo. Dunque, è emerso che l’ora del delitto – inizialmente collocata tra le 9 e 10 e le 12 e 30 con maggiori probabilità tra le 11 e le 12 e mezza – non può essere fissata con certezza, ma può cadere in un arco di tempo che va dalle 7 alle 12 e 30.
La tesi del video della famiglia Poggi viene così smontata, anche perché la loro ricostruzione si basava su una serie di atti (entrata in casa, discussione tra i due, delitto avvenuto in più fasi, non con un colpo solo, cancellazione delle tracce e ritorno a casa in bicicletta a oltre due km di distanza) che è apparso estremamente difficile essere stati commessi nel giro di appena 9 minuti.
Gli esperti hanno collocato il delitto in più fasi e a distanza anche di “alcune decine di minuti”. La ragazza, infatti, sarebbe stata colpita una prima volta, sarebbe caduta ma non sarebbe morta, il colpo di grazia sulla testa sarebbe stato dato in un secondo tempo quando l’assassino si è reso conto che la giovane era ancora viva.
Ma ciò che fa propendere per l’innocenza di Alberto Stasi è che i consulenti nominati dal giudice hanno spiegato che sotto le scarpe di Alberto poteva benissimo non esserci nessuna traccia di sangue in quanto nel momento in cui il ragazzo era entrato in casa e aveva scoperto l’omicidio il sangue stesso era già in buona parte secco.
L’accusa, infatti, aveva osservato che siccome c’era sangue dappertutto, non era possibile entrare in casa senza che le scarpe si sporcassero di sangue, per cui avevano pensato che Alberto le avesse lavate. A quest’accusa il giovane aveva risposto che erano idrorepellenti. Ora i periti dicono che potevano non sporcarsi di sangue in quanto secco e che comunque potevano essersi pulite camminando, tanto più che, se c’erano, le tracce dovevano essere leggere.
Da notare che le scarpe di Stasi furono sequestrate dagli inquirenti solo dopo 19 ore dal delitto.
Quanto poi alle impronte di Stasi sul portasapone o in altre parti della casa o sulla sua bicicletta, ciò non può costituire una prova in quanto il ragazzo frequentava quella casa e dunque era normale che ci fossero sue tracce e che ci fossero tracce di Chiara contemporaneamente.
Dalle ultime notizie emerge che probabilmente gli inquirenti si sono concentrati su Alberto Stasi quale unico colpevole perché era il “colpevole perfetto”: era il fidanzato, era entrato in casa e aveva scoperto il corpo di Chiara, le sue scarpe erano pulite, e soprattutto aveva chiamato il 118 con una voce da cui non traspariva emozione, cosa che può benissimo appartenere al suo modo di essere.
Insomma, il giallo è a una svolta, ma solo per quanto riguarda Alberto Stasi, forse.
Se, infatti, il ragazzo dovesse essere riconosciuto innocente, il mistero dell’assassinio sarebbe avvolto dal buio più totale.
La domanda è: se non è stato Stasi, chi può essere stato? E soprattutto: è possibile dopo oltre due anni ricominciare le indagini alla ricerca di un’altra pista di cui non si sa nulla?
Una cosa è certa: Chiara Poggi non può essersi fracassata la testa da sola.
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