Il dibattito politico non è cambiato rispetto ad una settimana fa. La data tanto attesa e tanto temuta, un po’ da tutti gli attori politici, è il 14 dicembre, quando al Senato e alla Camera il premier si presenterà per la verifica politica.
Tutto ruota attorno ad una domanda: ce la farà Berlusconi ad ottenere la maggioranza al Senato e alla Camera? Al Senato non ci sono dubbi, almeno stando ai numeri e alle forze in campo: la sua maggioranza potrà contare su almeno 170 voti, cioè su un’ampia maggioranza (basterebbero anche 161 voti). Alla Camera, invece, le opinioni sono opposte: mentre il premier è sicuro di superare i 316 voti necessari e di arrivare fino a 320, gli avversari – perché Fini da alleato è diventato ormai un avversario – sono certi di avere loro la maggioranza, ovviamente con il sostegno di tutti gli oppositori.
L’abbiamo detto in altre occasioni: se il premier alla Camera dovesse essere sfiduciato, avendo la maggioranza al Senato, si troverebbe nell’impossibilità di governare, dunque le elezioni anticipate sarebbero più vicine e la soluzione più veloce. Gli avversari non sarebbero in grado di formare un governo, istituzionale, tecnico o d’emergenza che dir si voglia. Anche se al Senato riuscissero a far passare parte dei senatori Pdl all’altra parte, sarebbe comunque un governo senza futuro.
E allora? Fini e Casini pensavano di mettere in crisi il governo al solo annuncio del ritiro della delegazione Fli dal governo. Di fronte alla granitica compattezza del Pdl, hanno proposto al premier di dimettersi per una svolta politica che consiste nell’ingresso nella maggioranza dell’Udc di Casini e nel ritorno di Fli al governo.
Il premier ha risposto picche, in primo luogo perché teme che, una volta dimesso, il capo dello Stato non dia più a lui il nuovo incarico; in secondo luogo, perché dovrebbe rinegoziare incarichi e programma con Fini e Casini, i quali avrebbero facile gioco a condizionarlo e soprattutto a logorarlo.
D’altra parte, Fini lo sta già facendo da cinque mesi, con la critica continua, con i voti che gli fa mancare, con il ritiro della delegazione dal governo e con la richiesta quotidiana delle dimissioni. Ecco perché il presidente del Consiglio non si sposta ed insiste: o fiducia o elezioni. Al massimo ha concesso che Casini possa appoggiare il governo dall’esterno e solo in un secondo momento entrare nel governo.
Anche perché, mentre Fini e Casini, insieme all’opposizione, dichiarano che il governo attuale ha fallito, il premier, invece, è del parere contrario, e attira l’attenzione non solo sulla crisi economica gestita con rigore e con padronanza, con riconoscimento ufficiale da parte di organismi internazionali, ma anche sui provvedimenti che il governo ha approvato o sta approvando.
Da settembre, infatti, il Consiglio dei ministri ha licenziato il decreto sulla sicurezza, terza parte; attualmente è in discussione in Parlamento la riforma dell’Università.
Tra parentesi, la riforma dell’Università è stata contestata in piazza dagli studenti, o meglio, da una piccola ma rumorosa parte degli studenti.
La realtà è che tra i primi 200 posti nella classifica delle migliori Università del mondo non figura nessuna delle Università italiane, ridotte ad una fabbrica di semianalfabeti (molti laureati non sanno scrivere correttamente in italiano) e di posti ai parenti e clienti, con migliaia di corsi di laurea non frequentati ma creati per i docenti.
Ebbene, una piccola parte di studenti ha protestato contro la riforma che, invece, mette trasparenza nei concorsi, premia il merito e finanzia i risultati scientifici e non le chiacchiere. Chiusa parentesi.
Il premier, dunque, insiste sui risultati e sbandiera la recente approvazione in Consiglio dei ministri del piano per il Sud, che assegna al Mezzogiorno fino a cento miliardi, di cui 24 già firmati dal Cipe alcuni giorni fa.
Tra i punti del piano per il Mezzogiorno figurano: infrastrutture, istruzione e competitività, con la costruzione di 3-4 grandi poli di ricerca di formazione sul modello dell’Iit di Genova. Il premier dice che mentre il governo può presentare i risultati, gli avversari si basano sulla propaganda e sull’idea del caos. I rifiuti a Napoli? Il premier ha dichiarato che il governo ha fatto la sua parte, sono le amministrazioni locali che non hanno fatto la loro, ad esempio bloccando i termovalorizzatori.
Ad ogni modo, i nuovi decreti – che stabiliscono la deroga per le procedure di appalto di due nuovi termovalorizzatori a Napoli e a Salerno e la possibilità di accordi interregionali per portare i rifiuti in altre regioni – dovrebbero far tornare la situazione alla normalità nel giro di due settimane.
Ciò detto, l’interrogativo è sempre quello iniziale: nel caso in cui il premier dovesse avere la maggioranza anche alla Camera, sarà una maggioranza stabile o una maggioranza occasionale?
Non è escluso, infatti, che Fini e Casini possano dirottare una manciata di voti a sostegno della maggioranza per tenerla in vita e nello stesso tempo per intrappolarla in un logoramento continuo. È questo il vero dilemma, ma è anche evidente che Fini e Casini stanno giocando contro il Paese, dei cui problemi evidentemente a loro non interessa nulla, tutti e due presi come sono da una lotta per il potere ammantata di tanta retorica.