A pagina 21 del Corriere della Sera di lunedì scorso, in un articolo che annuncia l’uscita ogni ultima domenica del mese, a partire dalla fine di giugno, di un’intera pagina di dialogo tra i lettori e Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano e biblista di fama internazionale, è scritto: “L’idea è nata da un invito del Corriere della Sera al cardinale e riflette un’esigenza che molti avvertono: riprendere un dialogo tra la Chiesa Cattolica e la società civile (…) Il mondo laico e quello della fede sovente non riescono a comprendersi, in talune occasioni dibattono sui fraintendimenti e non sui valori di riferimento”. In un libro recentissimo intitolato “Siamo tutti nella stessa barca” il cardinale Martini e un suo compagno di viaggio – don Verzé, ottantanovenne, fondatore, tra l’altro, del San Raffaele di Milano e dell’Università collegata – si scambiano delle riflessioni su questi temi e sulle risposte che la Chiesa, a seconda dei punti di vista, dà o non dà a sufficienza. Gli argomenti più delicati sono il celibato dei preti – che i due interlocutori suggeriscono di superare con la libertà di scelta da parte degli interessati – e la somministrazione della comunione ai divorziati, specie a quelli che hanno una nuova famiglia, tema definito “delicato” dai due prelati e “doloroso” dal Vaticano in quanto da una parte c’è la prescrizione evangelica da rispettare (“Non divida l’uomo ciò che Dio ha unito), dall’altra una situazione di fatto che riguarda centinaia di migliaia in Italia e milioni di coppie in tutto il mondo e a cui bisognerebbe andare incontro. Come si vede, sul tappeto c’è la famiglia, ma c’è la sofferenza di chi non ce la fa più a vivere in condizioni di stato vegetativo, c’è la ricerca scientifica e la dignità della vita umana, ma ci sono i valori. Ecco, in un mondo da decenni inficiato dalla leggerezza, dalla superficialità, dalla frivolezza, dalla libertà personale spinta all’eccesso, dall’odio, dall’inciviltà e anche dalla cattiva educazione e, da ultimo, dalla politica ridotta a gossip e a partigianeria (vedasi le ultime, penose rivelazioni di Daniela Santanché sulla moglie del premier), il rilancio del dialogo tra un’istituzione millenaria come la Chiesa, anch’essa tra l’altro attraversata da venti di crisi, e i bisogni della gente alla ricerca di risposte, magari anche di una parola che sia di bussola tra le sollecitazioni contrastanti che provengono da varie parti, appare un fatto di per sé molto positivo. Che poi il destinatario delle lettere sia un uomo di chiesa notoriamente aperto e che a sua volta s’interroga su tutte queste problematiche con l’obiettivo dichiarato e perseguito di porre al centro del colloquio quei valori che sia la famiglia, sia le istituzioni, sia le singole persone hanno smarrito, offre serie garanzie che si tratti di un’iniziativa che avrà un enorme successo. A tutto vantaggio di chi da tutto questo marasma di confusioni, di frivolezze e di contraddizioni cerca per sé e per gli altri una svolta di serietà e di nobiltà.
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