La violenza come strumento educativo è ancora molto diffusa in Svizzera: è quanto confermano i risultati di recenti studi. Anche se meno frequente rispetto a 25 anni fa, come allora la violenza fisica interessa prevalentemente i bambini molto piccoli. Due terzi dei genitori interpellati dichiarano inoltre di ricorrere alla violenza psicologica. La Commissione federale per l’infanzia e la gioventù CFIG ha elaborato un documento in cui prende posizione al riguardo, formula raccomandazioni concrete ed esorta le autorità e i rappresentanti politici ad agire. L’intervento della CFIG si inserisce nel contesto dell’inizio della procedura con la quale la Svizzera presenta un rapporto all’attenzione del Comitato ONU per i diritti del fanciullo in merito ai propri progressi nell’attuazione della Convenzione sui diritti del fanciullo.
Per lungo tempo in Svizzera sono stati condotti solo pochi studi scientifici sul tema della violenza contro i minori in famiglia. Per avere una stima approssimativa del fenomeno ci si è quindi finora basati sulle informazioni delle statistiche ufficiali: la statistica criminale di polizia, che fornisce informazioni sui reati commessi sui minori ai sensi del diritto penale, la statistica degli aiuti alle vittime dei reati e la statistica della Conferenza per la protezione dei minori e degli adulti, concernente il numero di misure adottate per la protezione dei minori. Alcuni dettagli supplementari risultano dalle statistiche allestite annualmente dal gruppo di esperti per la protezione dell’infanzia degli ospedali pediatrici svizzeri della Società svizzera di pediatria. Tutte queste statistiche rilevano però soltanto i casi in cui è stata esercitata una forma di violenza che ha avuto gravi ripercussioni per il minore e/o ha reso necessario un intervento delle autorità.
Tre nuovi studi, analizzati dalla CFIG per elaborare la sua posizione, permettono ora di delineare un quadro più preciso riguardo sia alla frequenza che alle forme della violenza nell’educazione e forniscono anche indicazioni sul contesto in cui i genitori vi ricorrono.
La violenza nell’educazione è ancora molto frequente
Secondo un rapporto di ricerca del 2017 basato su un’indagine svolta dall’Università di Friburgo, rispetto agli anni 1990 la quota dei genitori che dichiarano di ricorrere spesso o regolarmente alla violenza nell’educazione si è notevolmente ridotta. Tuttavia, circa la metà degli interpellati indica di far uso della violenza fisica. Se generalmente questa si verifica solo di rado, vi è un gruppo di genitori (tra il 6 e l’11 %, a seconda del tipo di indagine) che vi ricorre spesso o regolarmente. Questo gruppo è rimasto proporzionalmente costante nel corso degli anni. Anche il ricorso a forme di violenza psicologica è frequente: due terzi dei genitori indicano di farne uso e un quarto di farlo addirittura regolarmente. Dall’indagine tra i genitori emerge inoltre che la violenza fisica è esercitata con particolare frequenza nei confronti dei bambini di età compresa tra zero e sei anni: a esserne interessato in questa fascia d’età è un bambino su undici.
Uno scappellotto non fa male a nessuno? Non a tutti i genitori è chiaro cosa sia la violenza
La maggior parte dei genitori ricorre alla violenza in situazioni di sovraccarico, mentre è contenuto il numero di quelli che lo fanno sistematicamente. Molti indicano di aver agito sotto stress e di essersi successivamente sentiti in colpa. Oggi il numero di genitori che usa la violenza consapevolmente come strumento educativo è molto inferiore rispetto a quello emerso dalle indagini precedenti. Per la maggior parte dei genitori, inoltre, è chiaro che le gravi forme di violenza sono vietate. Secondo l’indagine, però, il concetto di violenza varia da un genitore all’altro e di conseguenza è diversa anche la percezione delle sue conseguenze. Un genitore su quattro parte dall’idea che una sculacciata e qualche schiaffo siano ammessi di tanto in tanto, approvando quindi l’affermazione “Uno scappellotto non fa male a nessuno”. La violenza psicologica spesso non è percepita come tale. Questo vale soprattutto per i padri e riguarda in particolare le forme passive di violenza, quali ignorare il figlio per un certo periodo di tempo o rifiutarsi di parlargli.
Il sistema di aiuto interviene troppo tardi ed è molto eterogeneo a livello regionale
Sebbene i bambini molto piccoli siano particolarmente toccati dalla violenza, le vittime entrano in contatto relativamente tardi con le istituzioni per la protezione dei minori. Per esempio i minori vittime di violenze fisiche hanno in media 10,4 anni quando la loro situazione è segnalata a un’istituzione. Molti dei minori e dei genitori interessati non ricevono alcun sostegno o lo ricevono solo tardi.
Riguardo all’offerta d’intervento e di aiuto, lo studio Optimus 3 giunge alla conclusione che, sebbene la Svizzera disponga di una buona rete di offerte di aiuto, i minori vittime di violenza non sono protetti in egual misura in tutta la nazione e vi sono anche grandi differenze regionali per quanto riguarda l’assistenza.
Il diritto di correzione: un concetto non del tutto scomparso
La CFIG constata che nella giurisprudenza permangono tracce della nozione di «diritto di correzione». Sebbene quest’ultimo sia stato abrogato dal Codice civile (CC) nel 1978, il Tribunale federale continua a farvi riferimento, in particolare nei casi in cui si applica l’articolo 219 del Codice penale (CP), relativo alla violazione del dovere di assistenza o educazione, come è successo ad esempio in una sentenza del 2018. Nella sua giurisprudenza, il Tribunale federale mantiene dunque una situazione ambigua per quanto concerne i metodi educativi vietati dal CP, lasciando intendere che un diritto di correzione non meglio definito sia ancora ammissibile. Ad oggi tutti i tentativi di introdurre nel diritto nazionale una disposizione che sancisca il diritto a un’educazione senza violenza sono falliti.
È ora di agire: raccomandazioni della CFIG
Le conclusioni cui è giunta la CFIG confermano quelle presentate ripetutamente da attori della società civile e specialisti. La Commissione intende sostenere con decisione i vari appelli a trattare la violenza nell’educazione in tempi brevi e in modo coerente. A suo avviso, la Confederazione e i Cantoni devono aumentare gli sforzi in questo ambito, senza esitare a prendere posizione con fermezza. È ora che il diritto di ogni minore a un’educazione non violenta sia finalmente e inequivocabilmente garantito in Svizzera e che vengano prese misure concrete.
- Modifica legislativa: aggiungere nel CC una disposizione che sancisca formalmente il diritto dei minori a un’educazione non violenta e confermare in modo inconfutabile l’abrogazione del diritto di correzione.
- Prevenzione: informare i genitori sulle forme che può assumere la violenza nell’educazione, sulle situazioni quotidiane che rischiano di causarla, sulle sue conseguenze per lo sviluppo del bambino, sui modi di agire alternativi e sulle offerte di aiuto e di consulenza; informare i minori stessi sul loro diritto di essere educati senza violenza; occuparsi con particolare attenzione dei bambini piccoli.
- Formazione: formare gli specialisti attivi nei settori dell’infanzia e della famiglia per permettere il rilevamento precoce di situazioni di violenza o a rischio.
- Offerta di consulenza e di aiuto: eseguire un’analisi dei bisogni e mettere a disposizione in modo coordinato prestazioni di consulenza e aiuto per i minori e per i genitori, migliorando l’accessibilità, in particolare attraverso una maggiore informazione.
- Misure di monitoraggio: predisporre strumenti e procedure per la rilevazione dei dati necessari a monitorare statisticamente i casi di maltrattamento dei minori nonché individuare e colmare le eventuali lacune nel sistema di assistenza.
- Attuazione completa della Convenzione sui diritti del fanciullo: attuare rapidamente le misure proposte dal Consiglio federale nel suo rapporto del 19 dicembre 2018.
Rapporto della CFIG