Nel nostro Paese sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro. A stare peggio sono i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d’età è del 29,6% rispetto al 21% della media europea
L’Italia non è un paese per giovani. Lo confermano gli ultimi dati emersi dall’Ufficio studi di Confartigianato secondo cui l’Italia è prima in Europa per quanto riguarda la disoccupazione giovanile. Sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro. A stare peggio sono i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d’età è del 29,6%, quasi uno su tre è senza lavoro, rispetto al 21% della media europea. A Sud i dati sono sempre più sconfortanti. Nel Mezzogiorno infatti il tasso di disoccupazione è del 25%, che equivale a 538mila giovani senza lavoro.Quasi dieci punti in più rispetto alla media nazionale che si attesta al 15,9%. La regione peggiore dal punto di vista del mercato del lavoro giovanile è la Sicilia con una quota di disoccupati under 35 oltre il 28%. Non va meglio in Campania con il 27,6% di giovani senza lavoro, seguita dalla Basilicata con il 26,7%, dalla Sardegna con il 25,2%, dalla Calabria con il 23,4% e dalla Puglia con il 23%. Percentuali decisamente più basse, nelle regioni del Nord: in Trentino Alto Adige, che chiude la classifica nazionale, il tasso di disoccupazione tra 15 e 34 anni è al 5,7%, in Valle d’Aosta al 7,8%, in Friuli Venezia Giulia al 9,2%, in Lombardia al 9,3% e in Veneto al 9,9%. Nella classifica delle province italiane con maggiore disoccupazione nettamente in testa Carbonia-Iglesias con il 38% degli under 35 senza lavoro. Il secondo e terzo posto se lo aggiudicano invece due province siciliane, Agrigento e Palermo, dove la disoccupazione degli under 35 si attesta rispettivamente al 35,8% e al 35,7%. Bisogna spostarsi in Trentino Alto Adige per trovare la provincia con la più alta occupazione giovanile: a Bolzano, infatti, il tasso degli under 35 senza lavoro è pari al 3,9%, seguita da Bergamo con il 5,6%, e da Cuneo con il 5,7%. La crisi del mercato del lavoro, però, non risparmia neanche i meno giovani: secondo Confartigianato, la quota di inattivi tra i 25 e i 54 anni arriva al 23,2% contro il 15,2% della media europea. Una media, quella italiana, che tra il 2008 e il 2011 è aumentata dell’1,4% mentre in Europa è diminuita dello 0,2%.
Paradossali, di fronte a queste cifre, le scelte scolastiche degli adolescenti italiani: per l’anno scolastico 2011-2012, infatti, è previsto un aumento del 3% degli iscritti ai licei e una diminuzione del 3,4% degli iscritti agli istituti professionali. E tutto questo mentre le imprese italiane denunciano, nonostante la crisi, la difficoltà a reperire il 17,2% della manodopera necessaria. L’apprendistato, così come proposto dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, è, secondo Confartigianato, una soluzione per migliorare la situazione del mercato del lavoro giovanile nel Paese: gli apprendisti in Italia – secondo i dati della confederazione delle pmi – sono 592.029 e il settore dell’artigianato è quello in cui questo tipo di contratto è più utilizzato: il 12,5% delle assunzioni nelle imprese artigiane avviene infatti con l’apprendistato, a fronte del 7,2% delle aziende non artigiane. “La riforma dell’apprendistato voluta dal ministro Sacconi – dichiara il segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli – potrà contribuire a ridurre la distanza tra i giovani e il mondo del lavoro. Da un lato, i ragazzi potranno trovare nuove strade per imparare una professione, dall’altro le imprese potranno formare la manodopera qualificata di cui hanno necessità”. Secondo lo stesso ministro del Welfare Maurizio Sacconi “l’apprendistato deve diventare il modo tipico per transitare dalla scuola al lavoro”, mentre la sua collega all’Istruzione Mariastella Gelmini sottolinea come “questa integrazione sarà realizzata per la prima volta in Italia dagli istituti tecnici superiori che partiranno a settembre”.
L’Italia dei valori ribatte con Antonio Borghesi che “la riforma dell’apprendistato non porterà benefici perché la disoccupazione giovanile è soprattutto intellettuale”, mentre secondo Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil, i numeri di Confartigianato “confermano il fallimento del governo”.