Non un funerale e nemmeno una funzione religiosa: Fabo sarà accolto nella sua chiesa per un momento di preghiera come ultimo saluto. Dieci anni prima fu negato a Welby
Anche la Chiesa, forse, sta cambiando. Forse ha percepito il forte dolore e la grande umanità di chi ha ceduto alla sofferenza, come ha ceduto Dj Fabo che non ha più accettato una vita di dolore chiedendo di farla finita una volta per tutte perché per lui era più importante la qualità della vita e non la quantità. Sembra che Dj Fabo sia riuscito a portare un cambiamento che solo 10 anni era impensabile: la Chiesa aprirà le porte a Dj Fabo per l’estremo saluto.
D’accordo, non si tratta di un vero funerale, ma un momento di preghiera fortemente richiesto dalla madre del giovane 40enne che, rimasto tetraplegico e cieco dopo un incidente d’auto, ha scelto di morire in Svizzera perché in Italia non è ancora possibile farlo. Non sarà una messa, dunque, l’ultimo saluto ad Fabio Antoniani, in arte Dj Fabo, ma la parrocchia di Sant’Ildefonso di Milano, dove il giovane era cresciuto, aprirà le sue porte e lo accoglierà il prossimo venerdì 10 marzo per un momento di preghiera e raccoglimento per Fabo, che aveva chiesto di essere cremato e che le sue ceneri fossero sparse in India, dove aveva vissuto. “Il parroco di Sant’Ildefonso, don Antonio Suighi, dopo aver incontrato la mamma di Fabio, ha accolto il suo desiderio di vivere un momento di preghiera a suffragio del figlio”. Don Davide Milani, responsabile dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Milano spiega così la decisione di “pregare” per Fabiano e aggiunge che il parroco ha preso questa decisione dopo aver sentito la Curia in merito.
“10 anni fa il Vaticano chiuse le porte in faccia a Welby. Per Fabo, le porte della Chiesa saranno aperte”, ha scritto a stretto giro sul social network il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, che aveva accompagnato il dj milanese in Svizzera.
Infatti per Piergiorgio Welby, l’uomo affetto da anni dalla distrofia muscolare che ha lottato diversi anni per poter accedere all’eutanasia, le cose andarono diversamente e nonostante le richieste della moglie Mina, cattolica praticante, le porte della chiesa rimasero chiuse e il rito fu celebrato, non in forma religiosa, davanti la parrocchia chiusa. “C’e’ stato sicuramente un cambiamento nella Chiesa dalla vicenda di mio marito, dieci anni fa, a quella di Fabo – dice commossa la moglie di Welby – Anche grazie a Papa Francesco: credo che il suo Giubileo della Misericordia abbia avuto un grande effetto sui cuori di tanti, anche all’interno della gerarchia ecclesiastica”.
La donna ricorda che quando morì il marito “la chiesa era chiusa, la gerarchia scelse così. Ma anche allora molti preti erano dalla nostra parte, e avevano deplorato questa scelta” e anche l’opinione pubblica è certamente mutata, “oggi la sensibilità è diversa, sia nella gente che in Vaticano – spiega Mina Welby – ora manca un ultimo passo: spero che presto chi vuole porre fine a una vita che non è più vita”.
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foto: Ansa