Gli esperti di televisione pensano che il confronto televisivo sia stato combattuto tra Renzi e Civati mentre Cuperlo annaspa. Il favore del popolo dei democratici, però, è per il sindaco di Firenze
Fra qualche giorno, con le primarie, si porrà fine alla lunga e tormentata fase precongressuale del Pd. Dal confronto televisivo tra i tre candidati (Renzi, Cuperlo e Civati) è emerso quanto già si sapeva, e cioè che Renzi otterrà la stragrande maggioranza dei consensi, seguito da Cuperlo e da Civati. I favori televisivi sono andati in maggioranza, secondo il sondaggio La Stampa, a Civati (37,9%), segue Renzi (36,8%) e ultimo, a grande distanza, Cuperlo (18,4%). I numeri raccolti da Sky, invece, parlano di Renzi (49%), di Civati (36%) e di Cuperlo (14%). Di solito i confronti televisivi tra avversari veri non spostano grandi masse di voti, figuriamoci tra avversari dello stesso partito, tra i quali le differenze esistono e sono palpabili, ma la comune appartenenza impedisce toni e contrasti eccessivi. Ognuno dei tre, dunque, pur badando a ribadire le proprie tesi, ha cercato di non esasperare i toni e non poteva che essere così, come dovrebbe esserlo anche tra avversari veri.
Sul governo Renzi ha invitato Letta ad ingranare la marcia. “Il governo”, ha detto, “deve fare tre cose: risparmiare un miliardo di euro eliminando Senato e province. Due: un piano per la formazione lavoro. Tre: ridare un minimo di speranza agli italiani, dando un’anima all’Europa. Il governo siamo noi, c’è il Pd e tre o quattro partitini”. Alfano deve essersi rigirato sulla sedia. Conclusione: “Il prossimo anno sarà ottimo, perché gli daremo una mano, mi piace fare goal ma quando c’è una squadra bisogna fare gli assist, insieme dobbiamo riuscire a fare le cose senza perdere neanche un giorno”.
Cuperlo non si è posto in antitesi con Letta. “Questo”, ha detto, “è anche il nostro governo, ora viene meno un atteggiamento ricattatorio, tipo ‘o si fa così o cade’, ora non ci sono più alibi e il governo deve cambiare passo con azioni mirate contro la povertà, al primo posto il lavoro”. In quest’ultima parte della citazione c’è tutto il programma, ma anche la retorica, di sinistra. Giudizio: “più che sufficiente”, mentre per Renzi “sufficiente”. Per Civati “insufficiente”, e in quest’aggettivo c’è tutto: “Deve fare una cosa sola, cambiare la legge elettorale subito e poi tornare al voto”. Civati vuole un’alleanza solo a sinistra, Renzi un governo del Pd, Cuperlo, par di capire, un governo di sinistra sfrontato degli estremi tipo Di Pietro e al massimo con un partito di centro in posizione di appoggio.
Sulla patrimoniale Cuperlo è d’accordo (tema tradizionale della sinistra), Renzi e Civati sono più elastici, nel senso che il problema non è ideologico, è politico: prima bisogna tagliare sui costi della politica e sulla spesa pubblica, poi se ne riparlerà. Sulla legge elettorale i tre non sono entrati nel merito di una discussione tecnica, per cui tutti vogliono una nuova legge, per Renzi va bene anche un Mattarellum (il sistema elettorale in vigore dal 1996 al 2001) corretto con un premio di maggioranza, purché si capisca dopo la chiusura delle urne chi ha vinto e governa e chi ha perso e sta all’opposizione. Cuperlo per vincere la sfida contro Renzi, avrebbe dovuto sfoderare grinta e idee nei confronti del suo più diretto avversario, ma a parte pochi spunti, non l’ha fatto, ha preferito esporre le sue tesi come se gli avversari non ci fossero. Peccato, perché, pur bravo come intellettuale, per vincere i confronti non basta dire cosa uno vuol fare, conta anche come lo si dice, e qui Renzi è imbattibile.
Sulle unioni omosessuali si sono registrate le differenze tra Cuperlo e Civati da una parte e Renzi dall’altra. I primi due sono favorevoli alla totale uguaglianza per le coppie, gay e non, sull’affido e sulle adozioni. Renzi, invece, non s’impantana sulla parola “matrimonio” e si limita a proporre una “civil partnership”. L’appello finale è tutto per Renzi: “Il mio Pd prova a restituire i valori e a far vincere la sinistra, che si è stancata di partecipare”.
Uscendo dalla maggioranza, una delegazione di Forza Italia ha chiesto a Napolitano un passaggio parlamentare per la verifica della nuova maggioranza. Si tratta, appunto, di un passaggio parlamentare e non dell’ufficializzazione di una crisi, che il presidente della Repubblica concorderà con il presidente del Consiglio. I numeri ci sono sia alla Camera (ad abundantiam) e sia al Senato (171 favorevoli), non larga ma sufficiente, anche perché coesa. E’ chiaro, però, che prima di chiedere la fiducia, Letta dovrà aggiornare il programma. E’ quanto gli chiederà Alfano, che ha già posto il tema della riforma della Giustizia e dell’abbassamento della pressione fiscale. Il problema non sarà l’aggiornamento del programma ma quanto incisive saranno le riforme. Dovrà essere affrontata anche la questione dei sottosegretari che hanno scelto di aderire a Forza Italia e che, per coerenza, dovrebbero dimettersi, ma finora solo Gianfranco Micciché e Jole Santelli l’hanno fatto. Gli altri o si sono appellati al ruolo di tecnici (Bruno Archi) o alla serietà dell’impegno (Rocco Ghirlanda) o fanno finta di niente (Marco Flavio Cirillo e Cosimo Ferri). Essi comunque sono stati definiti “poltronisti incoerenti” dal ministro Lorenzin e attaccati alla sedia (“Si vendono tutti per una sedia”), frase, questa tra parentesi, attribuita allo stesso Berlusconi. E’ probabile che l’aggiornamento della maggioranza, tenuto conto anche dei risultati delle primarie del Pd, comporterà anche un riequilibrio dei posti di potere.