Se fosse capitato in altra epoca, la notizia sarebbe stata giudicata incredibile, ma il rinvio a giudizio di don Pierino Gelmini, fondatore della Comunità Incontro di Amelia (Perugia) per il recupero dei tossicodipendenti è di pochi giorni fa, dunque s’inserisce nel filone di tutta una serie di episodi poco edificanti di atti di pedofilia o di molestie sessuali ad opera di un bel po’ di sacerdoti sparsi in varie parti del mondo, a volte accusati a giusta ragione, altre volte accusati nella speranza di ricavare un bel po’ di soldi.
Negli Usa, infatti, ci sono stati fatti incresciosi riconosciuti, alla fine, anche dalla gerarchia e dai diretti autori, ma ci sono state anche messe in scena per spillare somme di danaro ai danni di gente accusata ingiustamente.
Ciò, evidentemente, non vuol dire che le accuse a carico di don Gelmini siano vere, vuol dire che ci sarà un processo al termine del quale dovrebbe emergere un quadro più reale di quello attuale, caratterizzato da testimonianze di accusa ma anche di difesa.
L’accusa è stata formalizzata con un avviso di garanzia emesso due anni fa, quando circa una trentina di persone, di cui due minorenni all’epoca dei fatti, denunciarono il sacerdote per molestie sessuali.
Da allora, alcuni hanno ritrattato, altri sono stati poco credibili, ma dodici hanno raccontato episodi e circostanze che poi, appunto nei giorni scorsi, hanno convinto prima il pm di Perugia a chiedere il rinvio a giudizio e poi il giudice per l’udienza preliminare (gup) a concederlo. Il processo comincerà il 29 marzo del 2011.
I fatti, in parte, li abbiamo descritti. Quelli oggetto dell’accusa risalgono al periodo tra il 1997 e il 2007, per un arco di dieci anni.
Secondo l’accusa, il fondatore della Comunità Incontro “avrebbe costretto i ragazzi a soddisfare le sue richieste sessuali”, minacciandoli sia con la sua autorità, sia promettendo favori (o sfavori) tramite conoscenze politiche altolocate.
La prima denuncia avvenne nel 2000, ad opera di un singolo tossicodipendente, Michele Jacobbe, che si era rivolto alla magistratura che poi l’aveva archiviata. Tutti gli accusatori, all’epoca dei fatti, erano tossicodipendenti ospiti della Comunità o carcerati con obbligo di arresti domiciliari presso la sede della Comunità Incontro.
Contro don Gelmini ci sarebbero anche intercettazioni ambientali. In tutto, sarebbero una cinquantina coloro che avrebbero subìto “attenzioni”; poi i casi di molestie si sono ridotti ad una trentina ed infine dodici sono coloro che hanno mantenuto l’accusa.
All’indomani delle denunce, don Gelmini chiese ed ottenne dal Papa la riduzione allo stato laicale: in pratica non è più prete.
Erano, quelli del 2008, i mesi in cui cominciarono a rimbalzare sulla stampa internazionale vicende di preti e vescovi implicati in atti di pedofilia o di molestie nei seminari, per cui il Vaticano non fece difficoltà ad andare incontro alla richiesta di don Gelmini. Anche adesso, il Vaticano è stato freddo alla notizia del rinvio a giudizio, segno che le accuse si credono verosimili.
Secondo l’avvocato difensore, al termine del processo non potrà che esserci la proclamazione dell’innocenza dell’ex sacerdote in quanto le accuse si baserebbero su un’unica fonte di prove, cioè gli offesi, le cui testimonianze sarebbero contraddittorie.
Insieme a don Gelmini è stata rinviata a giudizio la madre di un accusatore, la quale avrebbe rivelato il contenuto dell’interrogatorio del figlio allo stesso don Gelmini, “aiutandolo così ad eludere le investigazioni”.
A difenderlo pubblicamente sono rimasti in pochi. Tra questi c’è Carlo Giovanardi, sottosegretario con delega alla Famiglia, che ha dichiarato: “Per chi lavora in un settore difficile come il suo è sempre alto il rischio delle rappresaglie e dei ricatti”.
Lo stesso ex sacerdote ha dichiarato: “In questi anni ho preferito tacere, nella certezza che il giudizio sul mio operato e sulla mia vita avrebbero potuto esprimerlo appieno le diverse migliaia di ragazzi e ragazze che ho salvato dalla droga e dall’alcol”.
Colpevole o innocente, per saperlo bisogna aspettare parecchio ancora, perché i tempi della giustizia italiana sono storici.
Speriamo di sbagliarci ma alla sua età non è facile che Don Gelmini arrivi a leggere la sentenza definitiva: l’ex sacerdote adesso 85 anni, quando inizierà il processo ne avrà 86. Tra il processo di primo grado e quello finale davanti alla Cassazione possono passare anche cinque anni. Insomma, la parola fine arriverà intorno ai 90 anni di Don Gelmini, se ci arriva.
La Comunità Incontro da lui fondata nel 1963 ha 164 sedi in Italia e 74 all’estero, in vari Paesi del mondo tra cui la Francia, la Tailandia, la Bolivia, il Costa Rica, il Brasile, Israele e Siria, e dalle origini ha ospitato circa 350 mila giovani, tossicodipendenti o anche bisognosi di assistenza.
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