Un rapporto dell’organizzazione per i diritti dell’uomo Human Rights Watch sulla discriminazione in Afghanistan
Per le donne in Afghanistan la vita non è facile, nel senso che hanno torto anche quando hanno ragione. Ovviamente, a dar torto alle donne non sono le altre donne, ma gli uomini, le istituzioni, il governo. Le norme che regolano le istituzioni, malgrado qualche tentativo di distinzione, peraltro non riuscita, sono un tutt’uno con le regole dell’Islam (la Sharia). La Sharia è stata ribadita dal Consiglio degli Ulema (i dotti islamici) recentemente, con un editto che si basa sul concetto secondo cui “l’uomo è fondamentale, la donna secondaria”. L’editto è stato approvato anche dal presidente afghano, Hamid Karzai. Perché parliamo di quest’argomento già trattato qualche settimana fa? Semplicemente perché è stato pubblicato un rapporto dell’organizzazione per i diritti dell’uomo Human Rights Watch che mostra tutto il suo stupore per il fatto che a dieci anni dalla cacciata dal potere dei talebani sostanzialmente non è cambiato molto in quel Paese. Sì, è vero, è stato elaborato un testo che dovrebbe sostituire il vecchio Diritto di famiglia con uno nuovo, ma la realtà è che il nuovo Diritto di famiglia non è ancora legge, semmai lo sarà. Anche, però, se lo sarà un giorno, difficilmente cambierà davvero qualcosa. Prova ne è la legge del 2009 che vieta la violenza sulle donne, ma nella realtà la legge è come se non esistesse, tanto non solo non viene applicata, ma viene anche smaccatamente calpestata. Il rapporto di Human Rights Watch parla di una situazione disastrosa per le donne. Ecco la testimonianza di Bashira, 14 anni, una delle 400 donne (anche se è appena un’adolescente) accusate e condannate per “crimini contro la moralità”: “Non lo so. Sono andata dal governo a chiedere aiuto e, invece, mi hanno arrestata”. Badate che lì non scherzano con le punizioni detentive. Si rischia di marcire in una prigione per 1015 anni senza che nessuno possa far nulla. Altro che avviso di garanzia e facoltà di non rispondere oppure di buona condotta e relativo permesso di libera uscita di giorno e di pernottamento di notte in prigione.
Il fatto è che malgrado, ancora una volta, non sia punibile l’accusa di fuggire di casa, le donne che fuggono dai mariti violenti o dai mariti non voluti ma assegnati d’autorità dai padri vengono condannate senza pietà. Per non parlare poi di donne violentate, stuprate, segregate, che denunciano i condannate per adulterio, secondo fatti e per tutta risposta vengono il classico “cornuto e mazziato”. Si sa che duemila anni fa in Medio Oriente le donne, esattamente come certe altre categorie di uomini, non erano ritenute credibili, per cui la loro testimonianza era nulla. Dopo duemila anni il passo c’è stato, ma indietro, perché non solo non vengono credute, ma vengono addirittura condannate perché la testimonianza delle donne si ritorce loro contro. Ecco quello che dice un passo dell’Human Rights Watch: “Scappare di casa non è un crimine secondo il codice penale, ma capita che il giudice dia per scontato che la ragazza abbia tradito il marito”. Forse è il caso di parlare dei giudici che dovrebbero assicurare la giustizia e invece sono essi stessi persone parziali e in mala fede. Possibile? Sì, è possibile e per dimostrazione ci sono le confessioni firmate dalle stesse donne. Solo che non si tratta di confessioni, ma di dichiarazioni scritte, quando non estorte, dai giudici e fatte firmare alle donne senza che queste abbiano capito quello che firmavano, per il semplice fatto che non sapevano né leggere e né scrivere. Dunque, i giudici hanno fatto firmare confessioni fasulle. Il guaio è, ancora, che chi compie il falso fa il giudice e chi dice la verità si fa anni di prigione. Il presidente Hamid Karzai, bisogna riconoscerlo, ha firmato atti di grazia a favore di donne condannate a molti anni di carcere per “crimini contro la moralità”, addirittura ne ha firmati a blocchi, però il problema resta in tutta la sua gravità. L’Onu ha chiesto che le norme sui “crimini contro la moralità” venissero abolite, incluse quelle che si riferiscono ai rapporti sessuali fuori dal matrimonio (spesso si tratta di donne che fuggono dai mariti forzati per andarsene con i loro amati non concessi dal padre), ma le richieste dell’Onu affogano nel pantano delle tradizioni che non muoiono mai. Chiudiamo con un episodio che è straordinariamente simile alla barzelletta ambientata nel Sud Africa di tanti anni fa e che parlava di un poliziotto che aveva fermato un bianco che aveva investito e ucciso un uomo di colore. Il poliziotto, osservando la scena, gli chiede: a che velocità andava il negro? Ecco, in Afghanistan capita spesso che il giudice condanna una donna che si è presentata con le ferite inflittele dal marito dicendo che prima di tutto non erano mortali e poi condannandola per adulterio solo perché aveva detto di aver invitato un uomo a casa.