È stato scarcerato lo studente egiziano Patrick Zaki, detenuto al Cairo dallo scorso 7 febbraio 2020 con l’accusa di avere diffuso informazioni false. Una lunga detenzione che è stata seguita con attenzione e preoccupazione per lo stato del giovane studente dell’Università di Bologna, per il quale ormai erano quasi tutte decadute le accuse nei suoi confronti rimanendo soltanto quella di diffusione di notizie false attraverso un articolo sulla minoranza copta pubblicato nel 2019 e per la quale rischia fino a 5 anni.
La scarcerazione è avvenuta alle ore 15 locali (ore 14 italiane) secondo quanto diffuso per primo dal Corriere della Sera, mentre la conferma della libertà di Patrick ci giunge attraverso la foto diffusa sui social dell’abbraccio tra lo studente egiziano e la sorella che lo ha atteso fuori dal commissariato di polizia della città di Mansoura insieme alla madre e la fidanzata. “Sto bene, sto bene: forza Bologna“, avrebbe aggiunto parlando in italiano, con un pensiero alla squadra di calcio di cui è notoriamente tifoso.
Proprio ieri era stato firmato l’ordine di scarcerazione per Zaki dal giudice egiziano del tribunale di Mansura, ma anche se oggi è finalmente libero, non è ancora stato assolto dalle accuse. Si attende la nuova udienza fissata per il prossimo 1 febbraio.
La vicenda
Era il febbraio del 2020 quando Patrick Zaki, che frequentava un master in Studi di Genere e delle Donne all’Università di Bologna, recatosi in Egitto per trascorrere un breve periodo di vacanza con la famiglia, veniva arrestato in aeroporto al suo arrivo. Il giovane studente dell’Ateneo bolognese era accusato di diffusione di notizie false a causa di un articolo pubblicato nel 2019 sul giornale Daraj, nel quale Zaki criticava il governo egiziano per il trattamento riservato alla comunità cristiana copta a cui la stessa famiglia di Zaki appartiene. Secondo quanto viene raccontato dal suo avvocato, subito dopo l’arresto Zaki subisce un brutale trattamento e delle torture. Portato a Mansura, la sua città natale, il giovane viene spogliato, picchiato, abusato verbalmente, minacciato di stupro e sottoposto a scosse elettriche. La sua detenzione continuerà nella prigione di Tora, al Cairo, nota per ospitare i prigionieri politici, in condizioni estreme e degradanti e dove per diversi mesi non potrà comunicare con l’esterno né ricevere visite.
Le reazioni
Il caso ha via via destato l’interesse di tutte quelle organizzazioni internazionali che si occupano dei diritti umani, tra i primi commenti risalta quello di Amnesty che descrive la scarcerazione di Patrick Zaki “un passo avanti enorme nella direzione della giustizia”. Diversi e da parte di quasi tutti i rappresentati politici italiani sono giunti i commenti di soddisfazione per la notizia. Anche il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, si legge in una nota da Palazzo Chigi, ha espresso “soddisfazione per la scarcerazione di Patrick Zaki, la cui vicenda è stata e sarà seguita con la massima attenzione da parte del Governo italiano”. Si affida ai social invece il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che commenta “Primo obiettivo raggiunto: Patrick Zaki non è più in carcere. Adesso continuiamo a lavorare silenziosamente, con costanza e impegno. Un doveroso ringraziamento al nostro corpo diplomatico”. Anche il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, commenta la scarcerazione di Zaki come “una bellissima notizia, la prima dopo due anni di sofferenza e privazione della libertà”. Questa notizia, “in attesa della prossima udienza premia in primo luogo la sua tenacia, la sua forza e quella dei suoi familiari e dei suoi amici e compagni di studi, che mai si sono arresi di fronte a una detenzione inaccettabile, perché non si possono certo processare le idee – scrive Bonaccini sui social – È un primo spiraglio, ma non ci basta”.
Nel frattempo a Villa Ada, a Roma, nei pressi dell’ingresso dell’ambasciata d’Egitto è comparsa nella notte tra il 7 e l’8 dicembre, l’opera della street artist Laika dove, riecheggiandone una precedente del 2020, Giulio Regeni torna ad abbracciare Patrick Zaki mentre gli dice: “Ci siamo quasi”, e lo studente gli chiede di stringerlo ancora. In giallo spicca la parola araba “innocente”.
Redazione La Pagina