I bacini tra Leila Hatami e Gilles Jacob a Cannes hanno causato furore e scandalo in Iran
Leila Hatami, vincitrice di un Orso d’argento come migliore attrice al Festival del cinema di Berlino, è nota per la sua interpretazione di Simin in “Una separazione”, il film che nel 2012 ha vinto Oscar e Golden Globe come Miglior film straniero. La partecipazione della 41enne iraniana al Festival di Cannes ha fatto scandalo a Teheran, la capitale dell’Iran, ma non per la partecipazione stessa. Infatti, Hatami ha brillato in tutti i sensi, dimostrando che con i vestiti a maniche lunghe e l’elegante cappotto la moda può essere compatibile con il regolamento della Repubblica islamica. Nell’occidente l’iraniana con il fazzoletto viene ammirata per la dimostrazione che l’Islam non esclude l’autostima femminile.
Lo scandalo è stato provocato da un bacio sulla guancia, l’83enne Gilles Jacob, capo del filmfestival e regista, si avvicina al gruppo della giuria tra cui Hatami e bacia tutte le donne sulle guancia, come si usa fare in Francia. Subito è seguita la reazione da Teheran, che ha classificato il gesto come “volgare”. Il vice-ministro iraniano della cultura Hossein Noushabadi ha sostenuto che “Quelli che partecipano alle manifestazioni internazionali dovrebbero stare attenti alla credibilità ed essere virtuosi, così che non nasce un’impressione cattiva delle iraniane al mondo”. Inoltre Noushabadi ha dichiarato che la donna iraniana è un simbolo di castità e innocenza, Hatami avrebbe agito chiaramente in modo sbagliato e la sua presenza sul tappeto rosso “non coincide con il nostro credo religioso”. Stringere la mano può essere permesso, baciare no. Anche se le donne nell’Iran possono guidare una macchina e possono lavorare, alcuni sono pure capi di reparti di cultura, economia e politica – il presidente Rohani si sta impegnando per meno discriminazione – il comportamento delle donne in pubblico è fissato severamente per legge. Nella Repubblica iraniana il contatto fisico tra una donna e un uomo che non appartiene alla famiglia è proibito.
La Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei sul suo sito online dà consigli ai suoi connazionali per i viaggi nell’occidente, scrive: siccome lì è un’usanza, una donna può anche dare la mano ad un uomo per non offendere l’ospitante, ma è un dovere portare guanti e non stringerla molto forte. Khamenei ha fatto parlare nuovamente di sé quando a gennaio, sempre sul suo sito internet ha emanato la nuova “fatwa”, un commento in cui ha proibito le chat su internet tra uomini e donne non imparentati. In Iran oltre 5 milioni di pagine Internet, oltre a social network come Facebook e Twitter, sono bloccati; ma la censura viene aggirata comunemente attraverso programmi anti-filtro o Vpn.
E chi non ha visto le migliaia di video di persone in tutto il mondo che si divertono con la canzone di Pharrell Williams “Happy” (vedi edizione de La Pagina del 16 aprile 2014), anche questo è un problema in Iran. Tre giovani uomini e tre donne sono stati arrestati per aver pubblicato “videoclip volgari” che contravvengono alla “decenza pubblica”, facendo riferimento alla legge in vigore dal 1979 che dice che le donne in pubblico devono essere velati dalla testa ai piedi, c’è una “polizia morale” che starebbe attenta al mantenimento di questi regolamenti. Questa polizia, che sarebbe composta da ben 70’000 persone, però non sorveglia solo le donne, vale un certo dresscode anche per gli uomini, infatti, si cercano uomini con collane, camice a maniche corte o acconciature mondane. Le collane non sarebbero “islamiche”, come lo dichiara il “Piano per la sicurezza della morale”, queste porterebbero ad un “problema culturale” e la “cieca imitazione della cultura volgare dell’occidente”. Chi è vestito in modo inadeguato rischia una multa o perfino l’arresto. Già nel 2001 sono stati pubblicati dei rapporti di questa “polizia” di cui il capo è sempre l’Ajatollah Ali Khamenei. Tra le regole ci sono anche quella che a chi appartiene un negozio non può mettere in vetrina biancheria intima per le donne o manichini nudi. Ma come detto, anche gli uomini rischiano se non mantengono il dresscode che prevede la legge. A soffrirne sarebbero soprattutto i giovani ragazzi che vedono una popolazione aperta non come peccato ma come progresso, una cosa di cui questo paese sicuramente avrebbe bisogno urgentemente.