Il decalogo della campagna elettorale del candidato repubblicano è tutto su più lavoro e più sgravi fiscali
Doveva essere l’inizio di una svolta e invece la riapertura dei colloqui tra la delegazione iraniana e il gruppo dei 5+1 (cioè Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna, più la Germania) sul nucleare è fallita miseramente, al punto che l’unica certezza è la data dei prossimi incontri previsti a Mosca il 18 e il 19 giugno. Gli Usa parlano di “divergenze significative”. I contrasti maggiori sono stati sia tra gli Usa e la Russia, che hanno tra di loro più di un contenzioso (ad esempio lo scudo spaziale in Polonia e nella Repubblica Ceca rivolto verso Sud), e l’oggetto dei colloqui: la volontà dell’Iran di dotarsi del nucleare, su cui ci sono disparità di vedute. Infatti, gli Usa sostengono che il nucleare verso cui sta andando l’Iran sia di tipo militare, l’Iran, invece, di tipo civile. L’altra divergenza di fondo è la richiesta dell’Iran di togliere le sanzioni come condizione preliminare per riprendere i colloqui.
Anche se la materia riguarda più direttamente l’Aiea (l’agenzia per l’energia atomica dell’Onu), gli Usa sono coinvolti in prima persona nel discorso, perché poi la politica estera in Medio Oriente non la fa l’Onu, ma i singoli Stati. L’Iran è l’unico Paese della regione con cui gli Usa non hanno stabilito nessun rapporto positivo rispetto all’éra Bush. Anzi, i rapporti sono peggiorati. Con Obama e anche per sua spinta ci sono stati rivolgimenti in Tunisia, in Libia, in Egitto. Dal punto di vista della democrazia solo il tempo dirà se si sono fatti passi in avanti o meno; dal punto di vista dei rapporti con gli Usa, invece, i rapporti sono peggiorati, perché prima Mubarack era un alleato fedele, ora gli egiziani guardano all’Iran, non agli Usa. In ogni caso, non era dall’Egitto che gli Usa dovevano guardarsi, ma appunto dall’Iran e da tutti i regimi fondamentalisti. In Siria, la situazione è confusa, al punto che se fallisce il cessate il fuoco, ci sarà la guerra civile. Vogliamo dire che solo dall’annuncio della fine della guerra in Afghanistan Obama può trarre motivi di gioia per la sua campagna elettorale per la riconferma del mandato. Infatti, i suoi punti forti sono l’exit strategy in Afghanistan e la cattura del nemico pubblico numero uno, cioè Osama bin Laden, l’incubo degli Usa.
Accenniamo a questi due argomenti perché la campagna elettorale è entrata nel vivo, sebbene manchino cinque mesi esatti dalle elezioni del 6 novembre. Il candidato repubblicano, Mitt Romney, ottenuta in anticipo l’investitura, ha cominciato a dare battaglia. Per ora, la situazione di partenza è la seguente: i sondaggi, che sostanzialmente danno la parità, seppure con un solo risicato punto di vantaggio per il presidente in carica, e, appunto, il favore di cui gode il presidente in carica. Accanto a questi due aspetti che avvantaggiano, seppure di pochissimo, Obama, c’è soprattutto la situazione economica pessima negli Usa che fa sì che in alcuni Stati dove più di tre anni fa Obama ebbe la maggioranza, ora sono dati per passati ai repubblicani. I sondaggi, si sa, sono un’indicazione non sempre attendibile, per cui bisogna prenderli con le pinze, in un senso o nell’altro. Resta certa, però, la difficoltà di Obama nel settore economico, perché c’è disoccupazione diffusa e povertà nelle fasce sociali deboli e medie. Questo Romney lo sa, ed è il motivo per cui ha lanciato il suo messaggio tutto incentrato sul lavoro, lo sviluppo e l’occupazione da una parte, dall’altra sui tagli, la razionalizzazione della spesa pubblica e il ruolo degli Usa nel mondo.
Ecco la sua ricetta espressa in dieci punti, che noi accorpiamo per comodità e sintesi nell’esposizione. Innanzitutto i tagli fiscali alle imprese che assumeranno, costruzione del grande oleodotto Keyston (che significa creazione di migliaia di posti di lavoro) e investimenti massicci per ristrutturare le scuole fatiscenti. Romney punta a ridurre la disoccupazione passando dall’attuale 8% al 6%, due punti in meno che se tradotti in realtà significano milioni di posti di lavoro. Il secondo gruppo di proposte riguarda l’abolizione della sanità proposta da Obama e sostituita con un’altra, par di capire meno dispendiosa, il taglio del deficit e il ridimensionamento dei poteri e dei costi della politica. Infine, la parte che riguarda la politica estera con il potenziamento di almeno un terzo delle unità della Marina Usa in quanto la Marina viene ritenuta strategica nel ruolo degli Usa nel mondo e in particolare nel Pacifico, con una politica che faccia rispettare le regole in fatto di commercio alla Cina e che blocchi gli scopi dell’Iran di dotarsi delle armi nucleari.
Come si vede, Romney ha abbandonato il terreno sul quale l’aveva portato Obama con il matrimonio ai gay (lui aveva opposto un no al matrimonio ma un sì alle adozioni a coppie gay) per impostare la campagna sul lavoro, sul taglio delle tasse e sul ruolo degli Usa nel mondo. La campagna elettorale è ancora molto lunga e imprevedibile.