Il divario tra centrodestra e centrosinistra è di circa 9 punti. Monti picchia sulla vicenda Monte dei Paschi di Siena e si attira l’ira di Bersani. Il Pdl spera nei suoi in libera uscita e nelle liste pulite
A un mese esatto dalle elezioni sono stati pubblicati i dati che sono la combinazione di intenzioni di voto, voto di provenienza e voto di preferenza (i cosiddetti flussi elettorali). La premessa è che si tratta di sondaggi da una parte e di uno studio dall’altra, tutto può cambiare, ma al tempo stesso è difficile che ci siano cambiamenti sensibili.
Fatte queste doverose premesse, il centrosinistra si attesta attorno a 37%, che è un risultato leggermente in regresso rispetto al 38% di una decina di giorni fa. All’interno della coalizione di centrosinistra, il Pd ha perso un paio di punti, collocandosi tra il 30 e il 31%, anche se alcuni istituti, precisa Renato Mannheimer sul Corriere della Sera, lo danno al di sotto del 30%. Sono dati che comunque sono stati rilevati prima che scoppiasse la vicenda Monte dei Paschi di Siena.
Passiamo al centrodestra, che si situa complessivamente attorno al 27%. Il Pdl, dato prima di Natale al 13-14%, ha recuperato con la cosiddetta rimonta di Berlusconi, e oggi si colloca attorno al 18-19% (alcuni istituti lo danno al 17%) e sembra che il risultato si sia stabilizzato, cioè non arretra ma nemmeno cresce. Bisogna dire anche qui che i dati sono stati rilevati prima della vicenda Mps e prima del “repulisti” delle liste del Pdl dai nomi dei cosiddetti “impresentabili”. La lista di Monti si attesta attorno al 14-15%. L’apporto dato dall’Udc e da Fli a questo risultato, che secondo Casini sarebbe “deludente”, è a dir poco insignificante, in quanto l’uno avrebbe il 3,8 e l’altro, nella migliore delle ipotesi l’1,2%, il che significa che Monti da solo attira circa il 10% degli italiani. Se Rivoluzione civile di Ingroia e Di Pietro, a cui si sono aggiunti la formazione di De Magistris e Orlandi (ex Idv) racimola un magro 4,8, che significa nemmeno il risultato della sola Idv di Di Pietro di cinque anni fa (a dimostrazione del fatto che gl’italiani non amano gli estremismi al quadrato), il Movimento 5 stelle di Grillo si attesta sul 13,6% a livello nazionale. Il M5S eravamo abituati a calcolarlo a livello provinciale o regionale, sulla base dei risultati delle scorse amministrative, dove aveva raggiunto livelli da record, superando il 18-20%. Ora, se il 13,6 rimanesse, sarebbe davvero un exploit, perché la concorrenza con la lista per Monti sarebbe palese e perché raggiungere il 13,6% a livello nazionale per un movimento il cui leader non si candida sarebbe un vero e proprio miracolo, che in politica si chiama populismo o voto di protesta, che, anche a lume di naso, in Italia è elevato.
Ecco, fermiamoci qui per fare prima alcune considerazioni numeriche e poi alcune ipotesi politiche. Le considerazioni numeriche riguardano gli elettori fedeli, che nel Pd sono il 68%, nel Pdl il 40%, nella Lega il 56%. Rispetto al 2008 il Pdl di Berlusconi e Alfano ha deluso la maggioranza degli elettori (60%) che si sono diretti per un buon 30% verso tutti i partiti (2,7% al Pd, 9,8% al M5S, 9,3% Monti e in piccole percentuali verso Fli, Destra, Fratelli d’Italia, perfino verso Rivoluzione civile), a dimostrazione dell’elettorato Pdl più ondeggiante di quelli di altri partiti.
Prendiamo il Pd, il cui elettorato per il 32% è andato altrove rispetto al 2008, ma in gran parte è rimasto a sinistra (4,4% Rivoluzione civile, 3,9% Sel, 3,6% Monti e il 7,7% a Grillo. Anche la Lega cede rispetto al 2008 il 45% dei suoi elettori, che rimangono nel centrodestra (5,7% al Pdl, 5,7% a La destra, 7,1% a Grillo. Non prendiamo in considerazione il M5S di Grillo perché è un movimento nuovo, quindi ha ricevuto ma non ha dato, almeno finora, e nemmeno Scelta civica di Monti perché non c’era nel 2008 e perché ha solo ricevuto per gli stessi motivi detti a proposito di Grillo. Ed ora partiamo dagli indecisi che nel 2008 hanno votato i partiti sopra citati (Pdl, Pd, Lega) per fare considerazioni più politiche. I dati parlano dell’11,3% di elettori del Pd nel 2008 che ora sono indecisi o dichiarano di astenersi, del 21,6% di elettori della Lega e del 28,6% degli elettori del Pdl. Sono dati politicamente ed elettoralmente importanti, perché ognuno di questi partiti se li perdono definitivamente questi loro ex elettori vorrà dire che sono destinati ad essere sconfitti a vantaggio degli avversari.
In poche parole: se ognuno recupera i “suoi” ex elettori, ad avvantaggiarsene sarebbe il Pdl, che recupererebbe ben il 30% dei suoi elettori, una percentuale che farebbe la differenza nel divario attuale di circa il 9% tra il centrosinistra e il centrodestra. Per essere più precisi, se Pdl e Lega recuperassero anche metà dei loro ex elettori, sarebbero circa il 37% di essi, presumibilmente alcuni milioni; se il Pd recuperasse la metà dei suoi 11,3% elettori indecisi, si tratterebbe di una percentuale piccola, circa 5-6%, non quantificabile in milioni di voti, come nel caso del Pdl e Lega.
Teoricamente Pdl e Lega avrebbero più vantaggi del Pd nel recupero dei vecchi elettori delusi. Sono questi dati che fanno sperare Berlusconi e Maroni di poter rimontare lo svantaggio del 9% rispetto al centrosinistra. Maroni e soprattutto Berlusconi contano di recuperarne una parte sia con le liste ripulite degli “impresentabili”, sia, presumibilmente approfittando, come già sta facendo Monti, delle difficoltà del Pd con quello che si prospetta come l’altro scandalo bancario dopo Antonveneta. Non per nulla Bersani ha detto che “sbranerà” chi s’azzarda a collegare Pd al Monte dei Paschi di Siena.