L’apprezzato musicista si è spento nella sua casa di Bologna all’età di 48 anni
È morto Ezio Bosso, pianista, compositore italiano e direttore d’orchestra. L’artista italiano aveva 48 anni e da diversi anni soffriva di una malattia degenerativa che gli ha impedito di suonare in pubblico, ma non ha mai smesso di vivere di musica. Ha scoperto la malattia nel 2011 e ha dovuto dare l’annuncio di non poter più esibirsi dal vivo ma chiedeva “nessun sensazionalismo” sulla faccenda. È innegabile, invece, che il giovanissimo direttore d’orchestra suscitasse ammirazione per il coraggio e la forza con cui ha affrontato tutto grazie al suo attaccamento alla musica, della quale si considerava quasi un figlio: “Beethoven, il mio papà. Da lui ho imparato la disciplina, l’essere liberi anche da se stessi. L’Ego è nemico, guai a prendersi sul serio”, disse durante un’intervista concessa a La Pagina (vai all’intervista cliccando qui) . Dal settembre 2019 aveva smesso ogni attività perché l’uso delle mani era ormai compromesso. Ma non finiva mai di infondere speranza, anche attraverso i canali social, dove in uno degli ultimi messaggi in cui esortava a stare a casa per via della pandemia, scriveva:
“Io li conosco. I domani che non arrivano mai. Conosco la stanza stretta. E la luce che manca da cercare dentro. Io li conosco i giorni che passano uguali. Fatti di sonno e dolore e sonno per dimenticare il dolore. Conosco la paura di quei domani lontani. Che sembra il binocolo non basti. Ma questi giorni sono quelli per ricordare. Le cose belle fatte. Le fortune vissute. I sorrisi scambiati che valgono baci e abbracci. Questi sono i giorni per ricordare. Per correggere e giocare. Si, giocare a immaginare domani. Perché il domani quello col sole vero arriva. E dovremo immaginarlo migliore. Per costruirlo. Perché domani non dovremo ricostruire. Ma costruire e costruendo sognare. Perché rinascere vuole dire costruire. Insieme uno per uno. Adesso però state a casa pensando a domani. E costruire è bellissimo. Il gioco più bello. Cominciamo…”
La scomparsa ieri
Ezio Bosso è morto nella giornata di ieri, 14 maggio, nella sua casa di Bologna a causa del degenerare delle patologie che lo affliggevano da anni. “Sia i familiari che la sua famiglia professionale chiedono a tutti il massimo rispetto per la sua privacy in questo momento sommamente personale e intimo”, si legge in una nota. “L’unico modo per ricordarlo è, come sempre è stato e come sempre ha ribadito il Maestro, amare e proteggere il grande repertorio classico a cui ha dedicato tutta la sua esistenza e le cui sorti in questo momento così difficile sono state in cima ai suoi pensieri fino all’ultimo. Le esequie si svolgeranno in forma strettamente privata”.
Una carriera di successi
Bosso aveva debuttato a 16 anni in Francia come solista e studiato contrabbasso, composizione e direzione d’orchestra all’Accademia di Vienna, collaborando sin da giovanissimo con diverse orchestre europee tra cui Chamber Orchestra of Europe, Festival Strings Lüzern, Deutsche Kammer-Virtuosen. La sua carriera è stata costellata da innumerevoli collaborazioni con prestigiose istituzioni musicali internazionali, da riconoscimenti e da successi con le orchestre dirette nel mondo. Dalla primavera del 2017 Bosso fu testimone e ambasciatore internazionale dell’Associazione Mozart14, eredità ufficiale dei principi sociali ed educativi del Maestro Claudio Abbado; fu anche testimone ufficiale della Festa Europea Della Musica per il 2018 e unico italiano invitato al Parlamento Europeo per una storica riflessione sullo stato della cultura europea.
In Svizzera
Il musicista italiano si è esibito in Svizzera il 30 marzo del 2017 al Teatro KKL di Lucerna per il tour “The 12th Room” (Egea Music). Per quell’occasione ci concesse un’intervista dove parlò di musica come “atto di fede”. “Sono religioso senza una fede: il mio atto di fede è la musica, che mi fa alzare ogni mattina e mi fa stare più che posso a migliorarmi (non a essere “il migliore”). Sono partito dalla parola “stanza” (ho una stanza che mi è antipatica, dove certi giorni devo rimanere chiuso) e mi sono imbattuto nel libro della teosofa Helena Blavatsky, secondo cui la vita non ha un inizio e una fine, il percorso è circolare”.