Promosso da Ignazio Cassis, responsabile del Dipartimento Federale degli Affari Esteri-DFAE e presidente della Confederazione, inizialmente previsto come conferenza di pace, dopo le ostilità avviate dalla Russia contro il governo di Kiev, l’incontro ha dovuto cambiare in corso d’opera la forma, la sostanza, ma non la data sulla agenda.
Per i rappresentanti europei ha coinciso con il summit tedesco dei G7 e il meeting Nato di Madrid, mentre per la diplomazia americana si è sovrapposto alle celebrazioni del 4 luglio.
L’attenzione degli oltre 250 giornalisti accreditati, dei mille delegati e di 14 associazioni internazionali, i cui rappresentanti hanno tuttavia partecipato a titolo consultivo, si è quindi concentrata su Ursula von der Leyen, la Presidente della Commissione Europea.
La ventina di conferenze concentrate nella due giorni luganese ha esaminato le componenti che animano il complicato dossier russo-ucraino.
Iniziamo da quella piu’ evidente.
Da una prospettiva umanitaria è innegabile che la popolazione ucraina meriti l’aiuto internazionale.
Tuttavia le emozioni non trovano piu’ spazio quando il dossier ucraino viene interpretato oltre le breaking news.
L’attacco russo ricorda che, specie nell’ultimo decennio, il governo di Mosca ormai è un interlocutore non più occidentalizzabile.
Anzi sta subendo una involuzione che lo vede rivolgersi alla Cina.
Questo presupposto giustifica piu’ di un sospetto che la Russia si prepari anche ad attaccare altri paesi confinanti, e quindi la difesa della Ucraina sia necessaria specie in un’ottica di lungo periodo.
Ma aiutare un paese significa anche farsi carico delle sue complessità.
Nel caso della Ucraina, la esigenza di proseguire le riforme in campo fiscale, giudiziario e di governance a Lugano sono state ricordate spesso in tema di ricostruzione del paese.
Si è infatti avuta la impressione che il mondo occidentale cerchi di affrontare il conflitto russo-ucraino non più in una ottica di riequilibrio di principi economici globalizzati, ma piuttosto di stabilizzazione dei valori politici.
In altri termini, il caso del governo di Kiev sembra confermarlo, quando per rispondere ad una legittima aspettativa di solidarietà un piano militare ed umanitario é accompagnato anche da un intervento finanziario, soprattutto il debitore deve raggiungere una resilienza, una stabilità strutturale, che convinca di essere insensibile ai rivolgimenti politici ed alle alternanze elettorali di stagione.
Sono questi gli elementi di fondo che hanno originato e giustificano non solo incontri come quello svoltosi a Lugano, ma anche tutti i prossimi a seguire.
Le prime stime, al momento non verificabili, prevedono danni per mille miliardi di dollari e la necessità di investimenti di lungo periodo.
Ricordiamo che furono necessari sessant’anni per rimborsare i prestiti del piano Marshall, varato dagli americani nel secondo dopoguerra per la ricostruzione dell’Europa e spesso ricordato nei discorsi di URC 2022.
Tuttavia questo esercizio è stato possibile perché le parti condividevano i medesimi presupposti politici.
È in questa prospettiva di recupero politico che il governo di Kiev oggi non viene abbandonato al suo destino ma accolto, seppur con le dovute avvertenze, nel salotto buono della politica occidentale, a cominciare da quella comunitaria.
Lo ha confermato Ursula von der Leyen, Presidente della Unione Europea, nel suo discorso al Palacongressi di Lugano: ”la Unione Europea propone al governo di Kiev di organizzare una piattaforma per la ricostruzione del paese, insieme ad una verifica coordinata delle attività e degli investimenti necessari ad incanalare le risorse; ma questo richiede anche una buona governance. Alla Ucraina”, ha proseguito la massima rappresentante europea, “il compito di stabilire le priorità e soprattutto considerare le necessità della popolazione residente. La comunità internazionale e gli Stati Uniti al recente World Economic Forum di Davos hanno già confermato di essere pronte a contribuire”.
Alle dichiarazioni della rappresentate comunitaria hanno fatto eco le conclusioni del padrone di casa, il presidente elvetico Ignazio Cassis, che ha terminato i lavori elencando i Lugano Principles, la roadmap per la ricostruzione ucraina: “Al governo di Kiev tocca stabilire un programma di investimenti; il loro finanziamento è condizionato ad un piano di riforme, una trasparenza delle spese, un miglioramento delle condizioni della popolazione ed una apertura del governo di Kiev alla partecipazione della comunità economica ed accademica internazionali, e parimenti assicurare un coinvolgimento delle minoranze, ed un rispetto delle esigenze ambientali”.
Riassumendo, un piano di azione che si ispiri ai principi del Building Back Better varato dagli Stati Uniti.
La Ukraine Recovery Conference edizione 2022 passa il testimone ad una prossima tornata di incontri, che il G7 a presidenza tedesca svolgerà in Germania nell’autunno di quest’anno.
Spetta invece alla Gran Bretagna continuare i lavori nel 2023.
Nel frattempo, con URC2022 il team operativo guidato da Ignazio Cassis ha confermato che anche la Confederazione nei prossimi anni sarà in grado di assicurarsi un ruolo di protagonista ai massimi livelli della diplomazia internazionale per una soluzione delle complicate problematiche ucraine.
di Andreas Grandi
Foto: DFAE EDA Berna
2 commenti
La torta da spartirsi sarà enorme, in uno schema già visto in altre guerre della esportatrice di democrazia e pace chiamata NATO. Seppure dalle sirene belliciste che risuonano a reti unificate, su tutti i giornali e in Parlamento dalla mattina alla sera, gli italiani mantengono una ferma contrarietà a misure quali l’invio di ulteriori armi all’Ucraina, che non possono che generare altra guerra e devastazione. Infatti, la stragrande maggioranza della popolazione soffre per l’inflazione galoppante e maledice Putin e la Nato ogni volta che deve mettere benzina o fare la spesa o pagare il mutuo aumentato. Intanto le imprese del settore energetico e quelle coinvolte nella produzione di armi macinano miliardi su miliardi di profitti. Si sa che la guerra, ogni guerra, per qualcuno costituisce sempre un buon affare. È noto come Leonardo, azienda di Finmeccanica attiva nel settore difesa, ha conosciuto un aumento di circa il 50% del proprio valore di borsa. Così, Mentre si continua a morire, mentre cadono le bombe, mentre il conflitto rischia di espandersi ulteriormente, il capo degli industriali italiani cerca di mettere le mani su una fetta della ricostruzione dell’Ucraina. Il prezzo da pagare sarà salatissimo, per chi vive nel teatro di guerra, sarà fatto di ancora più morte e distruzione. Per noi europei che hanno la fortuna di vivere in un Paese in pace e riceve una pensiona o lavora, o magari un lavoro non ce l’ha, sarà il carovita che erode il potere d’acquisto di salari che ristagnano da decenni e di pensioni da fame il prezzo da pagare. Peccato che io sia l’unica voce su questo sito a contraddire il pensiero unico, che il padrone del vapore non permette di raccontare alle testate giornalistiche sotto controllo inclusa la vostra. Con stima e rispetto di ogni voce contraria alla mia, ma sempre libero di sapere e di far sapere Mario Pluchino
Putroppo il problema ucraino non é confinabile solo alle frontiere di questo stato.
Cambiano i punti di vista, le prospettive e la sensibilità indivuali, ovunque, comunque, tutte e sempre da rispettare con la dovuta attenzione.
Ma della ricostruzione di questo paese é forse meglio iniziare a pensare già oggi, malgrado la incertezza delle cronache.
Prima che la pubblica opinione internazionale se ne inizi ad occupare dopo la fine delle ostilità e magari scoprire che oltre ai disagi e le sofferenze dovute alla pandemia bussano alla porta altri disagi e sofferenze su cui, forse, non ci era chinati in precedenza e con la dovuta attenzione.
Nel frattempo non resta che sperare che il conflitto si risolva quanto prima, ed in modo definitivo.
Su questo punto, il consenso della pubblica opinione mondiale é concorde.