Sierra Leone: disposto isolamento per 1,2 milioni di abitanti. Critiche alle reazione delle autorità e soluzioni di un “dottore volante”
Le autorità della Sierra Leone hanno stabilito una nuova misura di isolamento immediato per 1,2 milioni di abitanti. Lo ha annunciato la presidenza del Paese. Il provvedimento riguarda tre regioni e 12 dipartimenti del paese ed è stato stabilito a tempo indeterminato. Parlando in televisione, il presidente Ernest Bai Koroma ha detto che la decisione vale per i distretti di Port Loko, nel nord, Bombali, sempre nel Nord e Moyamba, nel sud del Paese.
Tutto il personale di SOS Villaggi dei Bambini ha il divieto di entrare e uscire dai Villaggi SOS. Tutte le attività e molti programmi sono stati sospesi, fatta eccezione per la distribuzione di materiale medico. Il movimento di tutte le mamme SOS, dei bambini e dei giovani che vivono all’interno dei Villaggi SOS sono molto limitati” – racconta un collaboratore in Sierra Leone. Il Governo della Sierra Leone ha adottato ulteriori misure per combattere la rapida diffusione del virus a livello nazionale. Sono stati previsti controlli, casa per casa, per raggiungere il 100% delle famiglie, tentando di aumentare in questo modo l’accettazione della malattia da parte delle persone colpite dall’Ebola e la fiducia nel sistema sanitario. È stato promosso il lavaggio delle mani con sapone e si prevede di aumentare il sostegno logistico con l’aggiunta di ambulanze. Verrà amplificata la fornitura di dispositivi di protezione e si prevede una grossa formazione degli operatori sanitari. “Ci stiamo occupando di 165 bambini orfani e abbandonati in Sierra Leone. Per i bambini di Kanema la situazione è difficile. Sono in quarantena, il cibo scarseggia. Dobbiamo fare una mappatura dei familiari esistenti e occuparci poi dell’affido anche se la stigmatizzazione ha come principale conseguenza quella di vedere famiglie o parenti in atteggiamento di chiusura rispetto all’accoglienza dei bimbi rimasti senza genitori” – conclude il collaboratore dell’Asca.
L’Ebola può diventare una minaccia alla sicurezza mondiale. A dirlo è stato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nel suo intervento all’incontro alle Nazioni Unite sul virus che continua a diffondersi in Africa occidentale. “Il virus Ebola si sta diffondendo a una velocità allarmante. Migliaia di uomini, donne e bambini sono morti, migliaia sono malati”. Obama ha poi avvertito che, se la comunità internazionale non interverrà, “questa epidemia potrebbe uccidere centinaia di migliaia di persone nei prossimi mesi”. “In un’era in cui le crisi regionali possono diventare minacce globali, fermare la diffusione dell’Ebola è nell’interesse di tutti noi”, ha poi dichiarato il presidente statunitense.
Arrivano critiche dall’editorialista del New York Times e due volte premio Pulitzer, Nicholas Kristof, che sostiene che la reazione delle autorità finora “è stata un grosso fallimento”. L’editorialista accusa di “miopia” le strategie contro il virus che secondo le autorità sanitarie americane potrebbe causare oltre 1,4 milioni di casi tra Liberia e Sierra Leone entro la fine del prossimo gennaio. Secondo Kristof, l’allarme Ebola è stato “gestito male” sia dai Paesi colpiti sia dal resto del mondo, ingigantendo un fenomeno che avrebbe potuto essere contenuto senza le perdite umane ed economiche che si profilano. Cita anche i casi di Aids e colera come malattie “che avrebbero dovuto essere fermate subito” e che costano “morti non necessarie”.
A commentare la situazione in Africa “ormai a uno stadio catastrofico” è anche il “dottore volante” di Amref, Asrat Mengiste. All’Adnkronos Salute Mengiste, appena arrivato in Italia dall’Africa per raccontare i suoi 11 anni nei Flying Doctors, che portano assistenza medica di base e specialistica nelle zone remote del continente, duramente colpito dall’epidemia ha detto: “Il virus si può fermare . Ebola è motivo di grande preoccupazione. Ma nonostante tutto credo sia possibile confinarla, prevenirla ed eliminarla. Abbiamo bisogno di un approccio diverso e globale al problema”.
Secondo l’esperto “abbiamo bisogno di rinforzare i sistemi sanitari” dei Paesi colpiti, per essere in grado “di gestire l’epidemia in modo olistico. Ma la cosa più urgente è formare i medici e gli operatori sanitari a gestire sul campo i casi e a proteggere se stessi, ma anche aiutare le comunità a comprendere appieno il problema, in modo da coinvolgere le persone nella prevenzione della trasmissione di Ebola. In Africa – riflette – ci sono aspetti culturali e spirituali” da tenere in conto. “Le persone – spiega – non sono ancora convinte che la malattia sia trasmessa in questo modo”, attraverso il contatto con i fluidi dei malati e dei morti. “E senza un cambiamento dei comportamenti individuali, la malattia non si fermerà. Le persone devono avere la conoscenza e l’attitudine necessaria a prevenire la malattia”. Naturalmente “abbiamo bisogno di risorse che rinforzino i sistemi sanitari africani, molto fragili – prosegue Mengiste il ‘dottore volante’ – e per rinforzarli abbiamo bisogno di supporto logistico, forniture mediche, materiali e soprattutto operatori sanitari impegnati sul campo. Le risorse umane sono cruciali, ma anche gli esperti internazionali su campo” per formarle. “Se lavoriamo insieme Ebola si può contenere e prevenire”. Avete paura? “No – assicura – io non ho paura. Ebola non è come l’influenza, che si può trasmettere facilmente con una gocciolina di saliva. Occorre un contatto molto stretto con i fluidi corporei del paziente e questo può essere evitato in molti modi”. Non è come se una persona fosse in grado di “infettarne 100 o 200. Insomma – conclude Mengiste, che sabato ritornerà in Africa – so che basta usare alcuni accorgimenti e le protezioni opportune per difendersi. Dunque non ho paura per me”.