Oltre alle testimonianze e alla verifiche, c’è una foto che incastra le due donne, madre e figlia: l’una teneva la ragazza ai polsi e l’altra la strangolava con una cintura o una corda
Coloro che alcuni mesi fa, alla lettura della sentenza di primo grado, pensarono che ad uccidere per strangolamento Sarah Scazzi fosse stato lo zio Michele Misseri, che dopo aver cambiato più volte versione si era autoaccusato del delitto, e che quindi Sabrina Misseri e la madre Cosima Serrano non c’entrassero nulla, dovranno ricredersi. Ad ammazzare la ragazza, cugina di Sabrina e nipote di Cosima, sono state proprio loro, ed ora, esaminando una foto, si capisce perché il pm e il giudice sono sicuri della sentenza di condanna.
Il giudice, in particolare, nella motivazione della sentenza, ha scritto: “A uccidere la piccola Sarah sono state due persone: una la teneva ferma, mentre l’altra la strangolava”. Il giudice, in sostanza, non si è fidato dell’ultima versione di Michele Misseri che ancora adesso si professa – non creduto da nessuno – unico colpevole, ma ha studiato bene le prove e la dinamica degli avvenimenti. Tra queste prove, appunto, c’è la fotografia di quando la ragazza fu tirata su dal pozzo in cui il suo cadavere fu gettato.
Chi ha memoria dei fatti – accaduti esattamente tre anni or sono – si ricorderà che fu Michele Misseri a condurre gl’inquirenti nel luogo dove lui rivelò di aver gettato la ragazza dopo averne abusato quando era diventata cadavere. L’uomo, torchiato dagli inquirenti, a cui consegnò il telefonino di Sarah ritrovato, disse, per caso, in seguito ad un drammatico interrogatorio il 6 ottobre del 2010, ammise che la uccise perché lei lo aveva rifiutato. In seguito, più volte cambiò versione. Disse, ad esempio, che la strangolò per un impeto di collera a causa del motore del trattore che non partiva, poi che fu Sabrina, sua figlia, a salire dalla cantina al primo piano e a svegliarlo per portarlo giù a fargli vedere il disastro che aveva compiuto, mentre la madre dormiva e non si era accorta di nulla. Insomma,fermiamoci alla prima versione, quando si autoaccusò del delitto.
Appena dopo che il cadavere di Sarah fu tirato su, al medico incaricato di esaminare la salma e di fare l’autopsia fu ordinato di effettuare “prelievi di tessuti ed eventuali liquidi biologici”. In pratica di fare un esame veloce, tanto già si conosceva l’assassino, che aveva confessato con dovizia di particolari. Gli stessi investigatori, nella lettera d’incarico al consulente, descrissero le circostanze che avevano portato alla morte della ragazza, riportando le dichiarazioni di Michele Misseri. Il quale, appunto, disse che l’aveva strangolata con una corda nel garage di casa e di averla poi portata in campagna, in un suo podere, dove l’aveva gettata in un pozzo che solo lui conosceva, descrivendo le varie fasi dell’occultamento.
L’autopsia fu eseguita con rapidità, solo per verificare le eventuali prove dell’atto sessuale, che non fu possibile rilevare a causa delle condizioni in cui il cadavere era rimasto per 42 giorni. L’autopsia, in poche parole, si limitò a confermare la causa della morte: asfissia per strangolamento. Fu solo in seguito a testimonianze, confronti, ritrattazioni, verifiche, che gl’inquirenti cominciarono a capire come erano andate davvero le cose. Se avessero fatto eseguire esami approfonditi, probabilmente sarebbero arrivati alla verità con molti mesi d’anticipo.
Ripetiamo: che Cosima e Sabrina fossero implicate nell’omicidio, venne fuori lentamente, nella misura in cui testimonianze si aggiunsero a verifiche, ma la prova era già nella foto di cui abbiamo parlato. Cosa rivela questa foto? L’immagine mostra il braccio di Sarah che pende perché sfuggito all’imbracatura di plastica rossa usata per recuperare il corpo in fondo al pozzo pieno di acqua. Gl’inquirenti videro le dita sfiorare l’acqua del fondo. Sarah, sul polso, ha ancora il bracciale di cuoio nero che indossava quel giorno. Sopra il braccio si nota un segno netto, di coloro viola, contrastante con la pelle bianca. Vicino al solco violaceo, largo circa un cm e che ricopre tutta la circonferenza della parte visibile dell’avambraccio, ci sono altre due impronte, parallele alla prima. Sono evidenti i segni lasciati da chi le teneva i polsi con tutte e due le sue mani, mentre l’altra persona la strangolava con una cintura o una corda.
Michele Misseri dice che due innocenti sono dentro e un colpevole è fuori, ma il giudice sa che non è vero e anche lui lo sa.