Il neo presidente Morsi ha scelto un nuovo vertice militare più vicino al fondamentalismo
L’Egitto s’interroga sul futuro del Paese e se la rivoluzione sarà tradita oppure se i nuovi governanti saranno “responsabili”. Cosa è successo nelle ultime settimane che giustifichi l’interrogativo? E’ presto detto, ma bisogna richiamare alla memoria alcuni fatti importanti.
Il primo è che a elezioni presidenziali avvenute, la Giunta militare al potere durante la fase transitoria ha esitato alcuni giorni prima di attribuire ufficialmente la vittoria a Mohammed Morsi, leader del partito islamista dei Fratelli musulmani. L’altro candidato era Ahmed Shafik, leader del vecchio regime. Appena dopo le elezioni, il generale Tantawi, capo della Giunta militare, forte della sentenza della Corte Suprema che aveva eccepito sulla regolarità delle elezioni, per quanto l’irregolarità riguardasse solo una parte degli eleggibili, aveva decretato l’annullamento di tutte le elezioni. In poche parole, il nuovo presidente si sarebbe ritrovato senza un Parlamento, senza cioè il potere legislativo. Giorni dopo, appunto, il nuovo presidente eletto risultò essere Mohammed Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, che non hanno fama di essere garanti della democrazia, piuttosto di essere fautori della legge islamica nella legislazione civile, che, appunto, di civile non ha nulla perché ciò che conta è il Corano e i suoi insegnamenti che sono legge. Senza questi precedenti non si capirebbero gli sviluppi che ci sono stati in questi ultimi giorni, e cioè che il nuovo presidente dapprima ha ventilato un accordo con il Qatar, retto da uno sceicco fondamentalista, successivamente ha silurato il vertice militare nella persona proprio del generale Tantawi e del generale Anan, sostituendoli con il generale al-Sissi come ministro della Difesa e con il generale Sidki Sayed al posto di Anan. Torniamo alla domanda iniziale: dove va il nuovo Egitto? E’ evidente che il siluramento della vecchia guardia militare non è estemporaneo, ma è il risultato di una discussione avvenuta in seno all’esercito tra il momento delle elezioni presidenziali e quello della proclamazione del vincitore.
In sostanza, all’interno dell’esercito – che, ricordiamolo, in Egitto è un potere esteso e diffuso e che ha sempre governato attraverso il dittatore di turno – c’è stata una lotta per la conservazione del potere. Il generale Tantawi, magari, voleva la proclamazione di Shafik, gli altri, la parte più giovanile e magari più favorevole ad un cambiamento (vedremo quale cambiamento) voleva la proclamazione di Morsi perché più legata al fondamentalismo islamico.
Gli atti di Morsi indicano che la sostituzione di Tantawi con al-Sissi risponde all’esigenza di premiare la scelta di campo di Al-Sissi, ritenuto un personaggio che non cerca i riflettori, anche perché è l’ex responsabile dell’intelligence militare egiziana. Il presidente Morsi, indubbiamente, ha fatto della sua debolezza istituzionale (un presidente senza un Parlamento a maggioranza islamica a suo sostegno) un piedistallo di forza perché non ha cancellato il potere dell’esercito (sempre intatto) ma lo ha attratto a sé. Ed ora un’ipotesi sul futuro del “nuovo” Egitto. Il premio Nobel El-Baradei ha detto: “Morsi ha ormai potere da imperatore”, alludendo al fatto che governa senza un Parlamento, anzi, facendone a meno, almeno fino a quando non ci saranno nuove elezioni, ma anche al fatto che si è scelto un ministro della Difesa, cioè un nuovo vertice militare, che è vicino alle sue posizioni politiche, cioè è un islamista. “Qualche mese fa”, racconta Francesco Battistini sul Corriere della Sera, “in un talk-show sulla tv privata Al-Farain, il giornalista Tawfiq Okasha l’ha detto chiaro:il generale Al-Sissi è un fondamentalista islamico. Hanno smentito: Okasha ha rincarato. Allora hanno aspettato il momento buono, un’altra sparata in diretta, e ora Okasha sarà processato. Per offesa alle istituzioni”.
La parte laica della rivoluzione è in allarme. Probabilmente la rivoluzione liberale sarà affossata. Se una parte dell’esercito – quella maggioritaria, almeno per ora – si è saldata con i Fratelli Musulmani, vuol dire che per continuare ad esercitare il potere hanno trovato un nuovo dittatore. Solo che il personaggio non è di quelli disposti a fare da paravento, ma, essendo a capo del partito maggioritario, eserciterà il potere magari servendosi lui dell’esercito. Insomma, i Fratelli Musulmani non sono mai andati al potere per via legale, ma ora che ciò è avvenuto, probabilmente non saranno certo loro che assicureranno la democrazia, al di là di quello che pensano gli americani, per i quali Al-Sissi e Morsi sarebbero due personaggi affidabili. Come lo era stato Saddam Hussein, magari, o come Khomeini in Iran: prima amici e alleati e poi acerrimi nemici.