Compromesso in Egitto tra Forze Armate e partiti sulla durata della fase di transizione. Elezioni presidenziali anticipate a giugno 2012
Dai fatti di cronaca – la ripresa delle manifestazioni in Piazza Tahrir – stanno emergendo particolari che, se confermati, aiutano a dipingere il quadro del futuro Egitto. Il Consiglio Supremo delle Forze Armate al potere per gestire la transizione, di fronte alla folla immensa dei manifestanti che chiedevano un governo di emergenza formato da civili in rappresentanza di tutte le forze politiche rappresentative nel Paese, ha fatto alcune concessioni. Sul blog delle Forze Armate ha chiesto scusa per i caduti, considerati “martiri” e “figli leali dell’Egitto”. Ha confermato le elezioni politiche che hanno avuto inizio il 28 novembre e che si protrarranno per tre mesi (elezioni a tappe in nove regioni per volta, fino a metà marzo) e ha anticipato le elezioni presidenziali entro giugno 2012 e non più entro dicembre-gennaio 2012-2013. Ma all’interno del Consiglio Supremo militare le anime sono almeno due. Non c’è solo quella del leader dell’autorità militare, Mohammed Hussein Tantawi, c’è anche quella meno dialogante. Il capo di Stato maggiore Mokhtar al Mullah ha sostenuto che la piazza è minoritaria rispetto alla volontà di tutto il popolo ed ha rilanciato un referendum per chiedere a quest’ultimo come e quando il Consiglio Supremo militare dovrà farsi da parte e asciare il campo ai politici civili. Nello stesso tempo, per dare un segnale di pacificazione, il leader dell’autorità militare ha nominato un nuovo capo di governo nella persona di Kamal Ganzouri. È vero che il neo capo di governo ha già ricoperto il ruolo di primo ministro tra il 1996 e il 1999 sotto Mubarack, ma non c’erano altre possibilità. Ci sarebbero state due alternative, El Baradei, ex capo dell’Aiea e candidato alla presidenza in Egitto, e Amr Moussa, già numero uno della Lega Araba ed ex ministro degli Esteri sotto Mubarack, ma ambedue essendo candidati alle presidenziali non avrebbero potuto ricoprire un incarico di così alto livello per il periodo di transizione. El Baradei ha annunciato la sua disponibilità a guidare un governo nazionale di transizione rinunciando alle presidenziali solo dopo la nomina di Ganzouri. Dunque, Tantawi ha dovuto ripiegare su Kamal Ganzouri assicurando la piazza attraverso i media che il neo primo ministro durante il suo precedente incarico non solo si era battuto contro la corruzione, ma aveva cercato di rilanciare l’economia del Paese. Probabilmente il percorso elettorale, politico e costituzionale che è stato prefigurato sarà quello che sarà realizzato nella realtà, ma emerge chiaramente che il destino prossimo venturo dell’Egitto non sarà quello immaginato dalla piazza, dalla “primavera araba”, ma quello a cui stanno lavorando con grande abilità i Fratelli Musulmani. In realtà, dietro la ripresa delle manifestazioni di piazza ci sarebbero proprio loro, i Fratelli Musulmani, forti di una previsione del 35-40 per cento alle prossime elezioni. Il fatto è che le Forze Armate, il nerbo da secoli del potere politico dell’Egitto, sono divise tra di loro tra chi vuole gestire il potere direttamente seppur attraverso un loro uomo, come è avvenuto on Mubarack, visto che adesso già ce l’hanno, e chi, invece, si appoggia sul partito islamista. Insomma, una buona parte vorrebbe conservare il potere sostenendo i Fratelli Musulmani i quali poi, evidentemente, farebbero affidamento sulle Forze Armate. Pare che Tantawi stia cercando un accordo con le forze politiche secondo cui le Forze Armate non subirebbero processi dopo la fase di transizione. Si spiega così la doppia faccia dei Fratelli Musulmani, i quali da una parte hanno spinto la piazza a manifestare, temendo che le Forze Armate non volessero abbandonare il potere e tirassero per le lunghe le elezioni politiche prima e quelle presidenziali dopo, dall’altra, sapendo di avere un consenso del 35-40 per cento nel Paese, hanno frenato le spinte centrifughe della piazza stessa accettando dei compromessi. E i compromessi sono stati raggiunti, visto che c’è stata l’assicurazione secondo cui le presidenziali saranno anticipate a metà giugno e che le Forze Armate sono disponibili a farsi da parte una volta che le scadenze elettorali avranno assolto al loro compito. All’inizio dicevamo che il quadro del futuro Egitto si sta delineando in questi giorni, ma esso non è affatto roseo, perché la lotta in fondo si riduce a due: tra coloro che sono favorevoli ad una continuità-discontinuità con il regime Mubarack (in sostanza le Forze Armate che governerebbero attraverso un loro uomo) e coloro che sono rassegnati ad un Egitto in mano ai Fratelli Musulmani, ad un regime teocratico, dunque, come quello iraniano, come quello che molti vorrebbero avere in Libia e nella Siria del dopo Assad. Se questo sarà, della “primavera araba” non rimarrà altro che una bella definizione. [email protected]