I vertici del Pdl continuano a non prendere nessuna decisione in merito al rinnovamento del partito, ad una nuova formazione e alle alleanze
Ma che succede nel centrodestra e più precisamente nel Pdl? Non passa settimana che non si assista al medesimo copione: l’imminenza di una decisione che poi puntualmente viene rinviata alla settimana successiva. Dire “rinviata” è usare un eufemismo. Si ha l’impressione che non si tratti nemmeno di “decisione”, ma di un fatto che in politica è grave, e cioè che non si sa cosa fare.
E’ chiaro che la figura di Berlusconi, contestata dagli avversari del centrosinistra, è centrale nel Pdl. Coloro che contestavano il fondatore, se ne sono andati oppure si tengono ai margini di un partito che va avanti per forza d’inerzia. Il Pdl è nato come partito leaderistico, a guida personalistica o padronale, esattamente come Forza Italia, l’Italia dei Valori, la Lega di Bossi, e che il leader non è solo una specie di proprietario, è soprattutto l’uomo attorno a cui ruotano le fortune elettorali del partito stesso. L’ex premier, l’abbiamo già scritto in altre occasioni, ha avuto l’intuizione di riunire tutti i moderati di centrodestra in un unico contenitore, ma poi, quando si è accorto che bisognava trovare un suo sostituto alla sua leadership appannata o sul viale del tramonto, si è guardato intorno e non ha trovato di meglio che Angelino Alfano, uomo competente, serio ed onesto, ma senza il “quid” che ne fa un vero leader.
A questo punto emergono le sue responsabilità, che sono state soprattutto quelle di non avervi provveduto in tempo, cioè molto prima che il suo tramonto fosse all’orizzonte. E’ il dramma o l’errore di tutti i leader che si credono immortali o eterni e poi si accorgono che la fine viene pure per loro. L’ex premier avrebbe dovuto parlare chiaro a Casini e a Fini, gli altri due suoi alleati di un’epoca d’oro per il centrodestra e per i moderati, avrebbe dovuto fissare un tempo al suo protagonismo politico, al termine del quale qualcuno altro avrebbe dovuto prendere il testimone, con un periodo, dunque, di necessaria preparazione.
Vero è che Casini o Fini si sono rivelati dei leader mediocri: il primo, malgrado le condizioni favorevoli, non ha saputo attirare l’elettorato di centrodestra a disagio nel Pdl ed è rimasto inchiodato al suo 5% che ora pare addirittura sceso a circa il 4%; il secondo troppo trombone e troppo vuoto di iniziative e di idee per rappresentare il futuro di un’intera area. Se a ciò si aggiunge la sua caratterizzazione passata di fascista, si comprende come difficilmente avrebbe potuto scrollarsi di dosso la sua provenienza e indicare la rotta di un centrodestra moderato e moderno. D’altra parte, questi due leader stanno rivelando la loro mediocrità e la loro caratteristica di politici maneggioni proprio da un anno a questa parte. Se è vero, infatti, che Mario Monti rappresenta una risorsa, è vero anche che per dei leader politici di lunga tradizione far ricorso ad un personaggio estraneo alle loro formazioni politiche vuol dire confessare il vuoto del loro bilancio.
Diciamocelo chiaramente, l’Udc è solo Casini. Chi conosce gli altri? Non possono essere il nuovo né il moderno né Rocco Buttiglione, né Lorenzo Cesa, che tra l’altro è uno che ripete pappagallescamente la stessa dichiarazione ogni volta che qualche giornalista amico gliela chiede. Chi c’è dietro Fini? Ancora una volta la risposta è umiliante: nessuno. I vari Bocchino o Granata si sono rivelati degli utili idioti a beneficio del presidente della Camera. Dunque, Fini e Casini leader mediocri hanno creato il vuoto nelle loro formazioni (piccole), sono solo bravi nel distruggere ma nel costruire non hanno data molta dimostrazione, e Luca Cordero di Montezemolo sembra averlo capito.
Ed ora ritorniamo a Berlusconi, che è stato invece sì un vero leader, ma che non ha lavorato per la continuità del centrodestra. Anche se mediocri, avrebbe dovuto tenerseli stretti, e invece non l’ha fatto ed ha messo in moto lo sfilacciamento del centrodestra che aveva vinto le elezioni nel 2008. Alla fine, a differenza di Casini e Fini, almeno ha saputo creare Angelino Alfano, il quale non avrà il carisma del grande leader, ma ha tanta buona volontà e avrebbe potuto rappresentare una fase di passaggio dignitosa. Tra parentesi: con l’intuizione di offrire una casa a tanti personaggi ex democristiani, ex socialisti, ex An, del calibro di Tremonti, Sacconi, Frattini, Moratti, Gelmini, Mantovano, Schifani, Rotondi, Pera e tanti altri, come mai, dunque, non è emerso un personaggio di primo piano in grado di assicurare una leadership al centrodestra? La risposta è sconfortante per il centrodestra: Berlusconi ha fatto tutto da sé. E’ andato bene quando ha avuto il vento in poppa, ma dopo l’inizio del suo tramonto l’area dei moderati si è ritrovata senza una guida sicura.
Non sappiamo a cosa porterà l’eterno interrogativo sullo spacchettamento, se ci sarà un Pdl guidato da Alfano e una nuova Forza Italia guidata da Berlusconi, sappiamo però che a due mesi e poco più dalla data in cui si dovrebbero tenere le amministrative e le politiche anticipate (richiesta del Pdl con minaccia di crisi che non fa paura a nessuno), non dire e non sapere cosa fare è molto grave. Non si possono organizzare primarie in due settimane. Per il centrodestra equivale a discutere sul sesso degli angeli quando Bisanzio brucia. Se poi Berlusconi spera in una ridiscesa in campo all’ultimo momento e in un nuovo effetto sorpresa come nel 1994, forse qualcuno dovrebbe dirgli che la storia in genere si ripete, ma solo negli effetti negativi.