Elezioni GB, i londinesi: “Meno male che è una vittoria netta”
I dati definitivi delle elezioni britanniche disegnano scenari una volta tanto molto precisi. Evidente il trionfo del premier uscente David Cameron, che raggiunge la maggioranza assoluta, e riassorbe la pericolosa diaspora dell’Ukip, il partito xenofobo ed euroscettico promesso a un grande avvenire ma il cui leader riconosciuto Nigel Farage non è nemmeno riuscito a essere eletto nella sua circoscrizione. Battuto dal candidato conservatore, si è dimesso dalla guida del partito.
L’apoteosi dei Tories forse viaggia sulle ali di una ripresa economica europea che, seppur fragile, rimane il miraggio di tutta l’opinione pubblica, britannica e non solo. Uno dei primi problemi da affrontare sarà il referendum sull’unione europea che Cameron ha promesso ai suoi elettori. Ora a Cameron tocca la parte più difficile. Dimostrare di essere all’altezza del plebiscito. Compito non agevole, alla luce della perdurante instabilità economica e della volontà da un lato di offrire l’uscita dall’Ue, dall’altro di tenere unito il paese di fronte al clamoroso successo scozzese che minaccia di diventare un problematico modello per tutte le istanze autonomiste.
I risultati
Alla fine i Tories hanno ottenuto il 36,9% delle preferenze (poco più di undici milioni di voti) con 331 deputati, cinque in più della maggioranza assoluta contro un 30,4% dei laburisti: rispetto al 2010 i conservatori guadagnano appena lo 0,8% del voto ma ben 24 deputati.
Il Labour non ha certo rispettato i pronostici della vigilia, ma ha portato a casa l’1,8% delle preferenze in più rispetto a cinque anni fa lasciando però sul terreno 26 deputati e un leader, Ed Miliband, vittima dello smacco scozzese. Anche l’Ukip di Nigel Farage può lamentarsi del sistema maggioritario, avendo ottenuto il 12% delle preferenze e appena un seggio, che non è peraltro andato al leader che ha così anch’egli scelto la via delle dimissioni; tuttavia, in termini di percentuale voti si tratta pur sempre di un progresso del 9,5% e in termini assoluti l’Ukip è il terzo partito più votato, con oltre tre milioni di preferenze. Chi non è in grado di accampare scuse di sorta – non che ci abbia provato: dimissioni-lampo anche per lui – è Nick Clegg, la cui scelta di partecipare alla coalizione con i Tories è stata forse pagante per i suoi Ministri, ma che si è visto presentare un conto pesantissimo da parte degli elettori: appena il 7,9% dei voti (-15,2%) e otto soli deputati, 49 in meno rispetto alle scorse elezioni.
Se si guarda al voto per singole regioni, in Inghilterra i Tories hanno conquistato 319 seggi (21 in più rispetto al 2010) pur in calo di consensi (41%, -1,8%) ma non si può dire che il labour si sia mal comportato: 206 deputati (+15) e un aumento del 3,6% (al 31,6%). Non abbastanza per compensare la debacle in Scozia, dove l’Snp ha ottenuto 56 seggi con il 50% delle preferenze (+50 e +30%, rispettivamente) lasciando i laburisti con appena un seggio e il 24,3% (-40 e -17,7% rispettivamente).
Il nuovo governo
Mentre David Cameron prosegue a lavorare per la formazione del suo nuovo governo, dopo la travolgente vittoria alle elezioni legislative di giovedì scorso in Gran Bretagna il leader dei Tory dopo la visita alla regina Elisabetta, ha subito confermato al loro posto i ministri delle Finanze e dell’Interno, George Osborne e Theresa May. Osborne, oltre che cancelliere dello Scacchiere, sarà anche ‘Primo segretario di stato”, in pratica il numero due del governo; ruolo che precedentemente era stato ricoperto da Nick Clegg, vice primo ministro liberal-democratico.
Subito dopo, Cameron ha confermato anche Philipp Hammond come capo della diplomazia di Londra e Michael Fallon alla guida della Difesa.
“Gli elettori britannici hanno pronunciato un verdetto impietoso nei confronti di due dei principali partiti nazionali, consegnando il potere ad un terzo e provocando una rivoluzione in Scozia”, è il riassunto che fa il Times nel suo editoriale di oggi. Il “vero lavoro” di Cameron “inizia ora”, commenta il prestigioso quotidiano, ricordando le principali sfide del premier: mantenere la Scozia sotto la bandiera dell’Union Jack e la Gran Bretagna all’interno dell’Unione europea.
Askanews