In una domenica dal clima mite e con tanto sole, milioni di iracheni sono andati a votare per eleggere i 325 deputati del secondo Parlamento del dopo Saddam, nonostante le forze del terrore abbiano scatenato sin dalla prima mattinata un’offensiva a colpi di mortaio, razzi katiuscia e bombe artigianali che ha causato la morte di 38 persone e il ferimento di altre 110. A Baghdad, i morti sono stati una trentina, 25 dei quali in una palazzina crollata, apparentemente dopo essere stata raggiunta da un razzo.
Già prima dell’apertura dei seggi, le esplosioni si sono susseguite in modo impressionante. Ne sono state contate a decine. Quattro colpi di mortaio si sono abbattuti anche sulla superfortificata Zona Verde, dove hanno sede le istituzioni irachene e molte ambasciate straniere, e dove erano stati allestiti due seggi per i “vip”. Alcune fonti hanno riferito anche di una donna kamikaze che ha provocato quattro morti, ma l’informazione non ha trovato conferme ufficiali.
Verso le 11:00, il “fuoco di sbarramento” è però andato scemando e in molti hanno progressivamente trovato la forza e il coraggio di andare a votare, grazie anche alla decisione delle autorità di revocare il divieto di circolazione alle auto. In poco tempo i seggi si sono riempiti, e si sono formate lunghe code, anche nelle regioni sunnite, dove invece alle elezioni del 2005 il voto era stato in massima parte boicottato. In un seggio di un quartiere a maggioranza sunnita della capitale, la fila nel primo pomeriggio si snodava per molti metri. E le donne erano molte.
Un’anziana sulla sedia a rotelle spinta dal nipote, parlando con l’Ansa si è detta determinata a partecipare per “dare un futuro migliore ai figli”. Suo nipote, con un gran sorriso, ha aggiunto che “abbiamo provato la democrazia e ci è piaciuta”. E nonostante l’alto numero di vittime, diversi leader hanno espresso soddisfazione per la significativa affluenza alle urne.
Anche le forze di sicurezza irachene, questa volta totalmente responsabili – visto che i quasi 100 mila soldati americani sono rimasti nelle loro basi – si sono dette sostanzialmente soddisfatte.
Il presidente Jalal Talabani ha dal canto suo parlato di “giorno storico, in cui il vincitore assoluto è il popolo iracheno”, evidentemente facendo riferimento anche ai terroristi, in particolare quelli di Al Qaeda, che avevano minacciato di usare “i mezzi militari” per far fallire le elezioni e avevano “proclamato” il “coprifuoco” in tutto il Paese, “in particolare nelle zone sunnite”. Alle 17:00 i seggi sono stati chiusi ed è quindi iniziato lo spoglio delle schede.
Sarà un processo molto lungo. Secondo l’Onu a Baghdad, si dovrà aspettare una decina di giorni solo per avere i risultati preliminari. Altre fonti dicono che a breve, il risultato del 30 per cento dello spoglio delle schede dovrebbe essere noto.
I risultati definitivi sono invece previsti per fine mese. Poi, la nuova assemblea si riunirà per eleggere il suo presidente e quindi procederà all’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Talabani si è detto fiducioso di avere un nuovo mandato, e se così fosse sarà quindi lui a nominare il nuovo premier, su indicazione dei gruppi politici vincitori. Ma su questo è estremamente difficile fare previsioni, poiché secondo diversi sondaggi, che vanno comunque presi “con le molle”, la diffusione del voto sarà molto equilibrata tra i protagonisti delle quattro liste maggiori, ovvero quella del premier uscente Nuri al Maliki, quella dell’ex premier Iyad Allawi, quella di fatto sciita di cui fanno parte anche l’ex “beniamino” della Cia Hamad Chalabi e un altro ex premier Ibrahim al Safari, nonché quella dell’alleanza curda.
Le trattative saranno dunque molto lunghe e complicate e prevedibilmente saranno necessarie settimane, se non mesi per vedere insediato il nuovo esecutivo.