“Sono 60 milioni i rifugiati nel mondo, di cui 38 milioni e 200 mila sono interni, cioè sfollati che hanno lasciato la propria zona ma sono rimasti nel proprio paese” di questi, secondo gli ultimi dati Unhcr, un milione e 800mila sono richiedenti asilo. Ma cosa stanno facendo i paesi europei al momenti a riguardo dell’emergenza rifugiati? Vediamo alcuni punti.
Mentre la Germania ha appena varato una serie di misure che disciplinano l’integrazione dei rifugiati, come ad esempio la messa a disposizione 100.000 offerte di impiego, l’Austria insiste sempre di più nella chiusura del Brennero (vedi pag. 5). Papa Francesco ha visitato lo scorso fine settimana l’isola greca Lesbo, fermandosi al campo profughi Moria. Si è tenuto poi l’incontro al porto con la cittadinanza e cerimonia in “memoria delle vittime delle migrazioni”, con discorso seguito da un minuto di silenzio, preghiere e lancio di corone di alloro in mare.
Lo scorso lunedì l’Italia ha proposto all’Ue un “migration compact” per ridurre i flussi anche lungo la rotta mediterranea attraverso nuove intese con i Paesi d’origine e di transito, in particolare quelli africani, da finanziare con strumenti innovativi come i bond Ue-Africa. Secondo Ansa ne fanno parte ad esempio opere dall’alto impatto sociale e infrastrutturale da individuare assieme al Paese partner oppure la creazione di strumenti per l’accesso di lavoratori al mercato europeo.
L’Unicef Italia intanto sembra preoccuparsi soprattutto dei tanti bambini migranti e rifugiati non accompagnati, all’AdnKronos, il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini fa notare come in tutta questa situazione la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia sia il trattato “più violato” proprio da quegli Stati dell’Unione europea che nel 1989 l’hanno sottoscritto. “Qui stiamo parlando di bambini che fuggono da guerre, da matrimoni forzati, da reclutamenti, da situazione di povertà estrema e si ritrovano ‘prigionieri’ in una situazione in cui manca l’assistenza basilare”, afferma Iacomini, a giudizio del quale, tutto questo “è una forma di indifferenza inaccettabile”.
Per quanto riguarda l’Italia quindi “bisogna essere preparati ad una nuova stagione di sbarchi, non facciamoci trovare impreparati”, aggiunge Iacomini ricordando che “dal 2016 sono morti due bambini al giorno” nelle acque del Mediterraneo.
Dando uno sguardo anche alla Svizzera, il Dipartimento federale di giustizia e polizia, ha definito la scorsa settimana i parametri per la pianificazione di emergenza in materia d’asilo (vedi i dettagli a pag. 10). Sebbene in marzo il numero delle domande d’asilo sia calato, secondo il DFGP, le autorità svizzere devono prepararsi a ogni eventualità. Infatti gli sviluppi nelle zone di conflitto e lungo le rotte migratorie restano difficili da prevedere, a dispetto del forte impegno internazionale e svizzero. Così la Confederazione, i Cantoni, le città e i Comuni hanno predisposto una pianificazione congiunta di misure cautelari nel settore dell’asilo, approvandone i parametri lo scorso giovedì.
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foto: ANSA