L’alluvione dell’Emilia Romagna si presenta come occasione per Giorgia Meloni di mostrare le capacità del centrodestra di intervenire tempestivamente di fronte ad una tragedia simile. Si presenta anche come opportunità per la Presidente del Consiglio di affermare la propria leadership e fino adesso ha fatto tutto quello che poteva fare: ha raggiunto nell’immediato il luogo colpito dal disastro, ha stanziato subito più di due miliardi, ha aperto alla collaborazione con il presidente di regione Bonaccini, ha fatto da guida a Von der Leyen per i luoghi disastrati e non si è mai sottratta alle domande sul da farsi, neanche di fronte a quella sul commissario da designare per seguire i lavori di ricostruzione dell’Emilia Romagna, la cui risposta inizialmente poteva sembrare ai più quasi scontata, ma non è così. Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna e presidente del Pd, non è detto che abbia le capacità richieste per gestire i lavori di ricostruzione della Regione che presiede, secondo alcuni. Ha risposto bene Meloni alla domanda pretestuosa quando ha affermato: “Oggi il mio principale problema non è chi spende i soldi, è trovarli”. Perfetta risposta di fronte ai luoghi della sciagura, ma dopo giorni, dopo che i primi soldi sono stati trovati, dopo che la gente locale interviene autonomamente, con le proprie forze ma senza nessuno che organizzi i lavori con una visione unica, adesso è anche tempo di nominare un commissario. Non è un’idea così strana nominare commissario proprio Stefano Bonaccini semplicemente perché conosce il territorio, i suoi abitanti che lo hanno voluto come presidente e ha ben presenti le necessità imminenti. Invece non è così, la nomina del commissario che gestirà i lavori di ricostruzione dell’Emilia Romagna è diventato un problema, in particolar modo all’interno della maggioranza, dove non tutti sono d’accordo sulla scelta quasi consequenziale di Bonaccini. Il veto arriva in maniera particolare dal vicepremier Salvini, che preferirebbe un commissario del centrodestra perché, probabilmente, al Ministro delle infrastrutture piace il concetto di diritti d’autore: l’opera di ricostruzione dell’Emilia Romagna (che sin dall’emergenza e ad oggi è solo opera dei cittadini locali) deve avere la firma esclusiva del centrodestra! E basta questo per mettere il veto sulla nomina di Bonaccini con grande perplessità di alcuni colleghi del centrodestra, come il ligure Giovanni Toti, il veneto Luca Zaia ed il calabrese Roberto Occhiuito e di fronte al caso di Genova (2018), dopo il disastro del crollo Morandi, dove il commissariamento del sindaco del capoluogo ligure, Marco Bucci, ha funzionato perfettamente e soprattutto ha evitato il rischio di eventuali conflitti tra Regioni ed autorità commissariali.
Ma è soprattutto legittimo il nome di Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, nel ruolo di commissario che lavora per la rinascita e la ricostruzione di un territorio perché ci vuole un uomo del territorio. Però, lo dice Salvini stesso, il commissario tecnico deve essere scelto in base alle competenze tecniche e non attraverso la vicinanza al territorio, assumendo in questo modo che Stefano Bonaccini non sia competente.
Mentre Meloni è alla ricerca dei soldi da spendere per la ricostruzione dell’Emilia Romagna, ci pensa Salvini a fare della nomina del commissionario un caso politico dove Bonaccini non viene rifiutato perché non capace di gestire la situazione (non lo sappiamo e non possiamo darlo per scontato), ma semplicemente perché del Pd. E se proprio non è possibile pescare un commissario dal centrodestra, che sia tecnico, così Salvini si rivolge a Figliuolo, “persona che stimo” afferma il leader leghista, che ha gestito l’emergenza della pandemia. Anche in quel caso i diritti d’autore della ricostruzione della Regione Emilia Romagna rimarrebbero esclusivi del centrodestra.
Redazione La Pagina