Coordinata dalla direttrice Nicoletta Ossanna Cavadini, tra l’altro membro della Commissione federale del design svizzero, la mostra Ercolano e Pompei: visioni di una scoperta rimarrà aperta al MAX Museo di Chiasso sino agli inizi di maggio. Per la inaugurazione si sono riuniti alcuni dei maggiori studiosi internazionali, come: Paolo Giulierini e Maria Rosaria Esposito, del Museo Archeologico Nazionale di Napoli-MANN, gemellato con il museo chiassese; Pietro Giovanni Guzzo, già responsabile dei beni archeologici di Napoli e Pompei; Christopher Parslow, professore di archeologia romana alla americana Wesleyan University. Il MAX Museo espone alcune tra le piu’ importanti rappresentazioni grafiche di ritrovamenti pompeiani a partire dai primi scavi iniziati 1738 con il patrocinio di Carlo di Borbone Re di Napoli e Sicilia. Lettere, taccuini acquarellati, incisioni, litografie, disegni, rilievi, matrici, fotografie di inizio Novecento, reperti archeologici, sono esposti a Chiasso grazie ai prestiti di oltre trecento opere provenienti da piu’ di venti istituzioni di quattro paesi, documentando il lavoro di tutti gli studiosi ed artisti che nel corso dei secoli ne hanno raccolto testimonianza. Ne citiamo alcuni. Il tedesco Johann Winckelmann, iniziatore a fine Settecento del “neoclassicismo”, il recupero dei valori dell’arte antica. Karl Jakob Weber, ingegnere ed archeologo svizzero scopritore di Villa dei Papiri di Ercolano, Villa Giulia Felice di Pompei e del Teatro di Ercolano, di cui il MAX Museo in prima mondiale mostra contemporaneamente gli originali di tutte e tre le planimetrie. Gli italiani Piranesi padre e figlio le cui stampe pompeiane, come quelle esposte, attirarono immediatamente la attenzione della nobiltà europea e nel Settecento portarono Napoli, Ercolano e Pompei a diventare tappa obbligata dei viaggi culturali (il Grand Tour) dei aristocratici affascinati dalle antiche civiltà italiane. Sir William Gell, nobile inglese di cui il Max Museo mostra il taccuino di viaggio con note e disegni acquerellati, poi raccolti nel volume Pompeiana edito a Londra nel 1832. Queste descrizioni grafiche nello stesso periodo incoraggeranno nuovi studi e ritrovamenti. Come quelli del ticinese Pietro Bianchi che, proprio analizzando le planimetrie esistenti, a Pompei scopre la “Casa del Fauno” di cui a Chiasso si espone un prezioso bracciale in oro a forma di serpente. Sul finire dell’Ottocento inizia la civiltà della immagine: e il MAX Museo mostra le prime immagini pompeiane del laboratorio fotografico dei fratelli Alinari di Firenze. L’aristocratico Grand Tour, consentito a pochi e ricchi privilegiati, è diventato turismo di massa. Siamo ormai ai giorni nostri, ed agli studi ancora in corso, incoraggiati dalla importanza degli oggetti rinvenuti in passato. Come l’anello in oro di Re Carlo Borbone con cammeo del 1 secolo A.C. esposto al Max Museo di Chiasso: imperdibile !
(www.centroculturalechiasso.ch/m_a_x_museo/ercolano-e-pompei-visioni-di-una-scoperta/)