Le sue ossa sepolte in una terra senza nome
C’è chi lo ha visto passeggiare per le vie di Roma.
Il fisico alto, allampanato. L’incedere incerto, eternamente accompagnato da una massiccia badante dai tratti fisici nord europei. La valchiria lo teneva saldamente sotto l’ascella per evitare che egli inciampasse sotto il peso degli anni e , presumibilmente, dei suoi crimini, di cui il boia non si era mai pentito. Raccontò, tempo fa, di aver incontrato alcuni parenti delle sue tante vittime e di aver loro espresso il rincrescimento per la perdita dei loro cari. Si disse che uno dei presenti, al ritorno alla casa natia, nulla ricordasse dell’accaduto se non due occhi di ghiaccio in cui gli pareva di aver visto suo zio Giulio, inginocchiato nell’ultimo disperato grido di umana pietà. Già: occhi acuti, penetranti come la luce abbagliante del laser che rischiara il corpo dell’uomo per scoprirne i segreti e, forse, combatterne il male. Occhi di ghiaccio, ammorbati dall’odio razziale a cui fu proibito, dal re delle tenebre, svelare il segreto che sta nel fondo del cuore di ognuno: l’amore. Passeggiava per le vie di Roma, la belva, e pur lo sterrato gemeva per simile scempio. Per anni, chissà quanta gente di Roma ha incrociato il mostro senza che ognuno di loro avvertisse, che so?, un brivido di freddo e paura.
Alla sconfitta dell’armata hitleriana, pensò – come tanti: troppi- di sfuggire al giusto castigo e partì, in incognito, per le terre del sud, oltre oceano. L’argentina dei gauchos, canterini e chitarristi, e delle pampas che vanno a sfiorare le Ande innevate, la terra promessa per sfuggire al giudizio dei giusti e dei puri. Passarono decenni e nulla si seppe, e nessuno si chiese perché, Bariloce, la ridente cittadina argentina, adagiata alle falde delle alte montagne, avesse le vie, le strade, i nomi dei suoi cittadini segnati da un suono teutonico, estraneo al dettame latino. Ma, proprio nessuno, non è vero. Fu scoperto, l’assassino, dagli adepti di Simon Wiesenthal, l’angelo ebreo della caccia ai nazisti. Estradato in Italia e processato fu condannato all’ergastolo per tutti i suoi crimini. Chi lo vide, poi, passeggiare per le vie di Roma, fu grazie all’età e all’umana pietà del popolo su cui lui infierì con ferocia inaudita. Se ne è andato, ma siccome noi siamo italiani, abbiamo pensato di farci del male.
Ognuno, si dice, ha diritto alla “pietas”, nel mentre abbandona il mondo in cui è nato e vissuto. Ma certo, anch’io provo pietà per quel bruto, dal cervello perverso e malvagio. Inventare un “ quasi funerale di stato,” con tanto di bolla prefettizia, per disporre le esequie in quel ridente villaggio alle falde del lago Albano, è stato un atto di illimitata irresponsabilità. E proprio là ove son soliti i papi passare le estati pregando e sognando l’eterna pace di ogni creato. Naturalmente, proprio perché siamo italiani, abbiamo aggiunto del più: i bambocci, da alba dorata, a inneggiare all’estinto alzando i vessilli dell’odio e del disonore. Priebke, non ti piango e chiamo signore. Era ora. Hai abbandonato il nostro suolo natio per una meta al di là delle alpi , non so dove. Povera la terra che accoglierà le tue ossa. Là, alle fosse Ardeatine, le anime dei vinti hanno asciugato le lacrime e riposano in pace. Nel frattempo, hai voluto, miserevole, lanciare l’ultimo dardo al veleno.
È colpa dei partigiani comunisti ! Senza l’attentato in cui morirono trentadue soldati tedeschi, non avremmo compiuto la vendetta, la strage. Era un ordine! Capite! I combattenti della resistenza, quelli che hanno riscattato il tricolore dalla vergogna totalitaria e dall’occupazione nazista, non avrebbero dovuto lottare per la libertà dell’Italia e del suo popolo. I contadini-vietcong- vietnamiti asserviti gioiosi agli eserciti francesi e americani, pur di evitare le rappresaglie e i bombardamenti al napalm. Furono trucidati dieci italiani, di ogni razza ed etnia, per ogni soldato tedesco caduto. Anzi, qualcuno in più. Trecento trenta cinque. Così, tanto per non sbagliare. Uno a dieci: questo era la giustizia che una banda di criminali assatanati aveva riservato all’umanità.
La giustizia per chi non si arrendeva. Per gli altri era ancora peggio. Che si ribellassero, arrendessero o no. Per il ghetto di Varsavia, come per i sei milioni di ebrei indifesi, ma non solo, la loro sorte fu segnata. Priebke, possa, almeno, la terra che accoglierà le tue ossa, sopportare l’immane peso dei tuoi crimini senza ribellarsi al crudele destino che le è stato assegnato.