Accoglienza “glaciale” per il film di Baltasar Kormákur che apre il 72° Festival di Venezia
Tratto da una storia reale il film che apre il famoso festival cinematografico di Venezia narra della scalata della vetta più alta del mondo, L’Everest appunto. Ed è forse per questo che il tonfo in basso fa ancora più rumore. Pare infatti che il film non abbia ricevuto nessun lungo applauso dopo la proiezione. Non ha dunque sortito i risultati sperati l’ambizioso progetto di raccontare l’avventura di alcuni scalatori che finisce in tragedia, stessa sorte del film stesso, a quanto pare.
Ambientato nel 1996, dunque Everest documenta l’impressionante viaggio di due diverse spedizioni, messe alla prova oltre i limiti umani da una delle più furiose tempeste di neve mai conosciute. Gli scalatori, la cui tempra è sfidata dai più implacabili elementi del pianeta, affrontano ostacoli quasi impossibili allorché l’ossessione di una vita diventa una lotta mozzafiato per la sopravvivenza e molti di loro non faranno mai ritorno.
Come dicevamo il film finisce in tragedia, come finisce in tragedia la proiezione. Dure le critiche che lo marchia come un solito Blockbuster ad alto budget hollywoodiano con copione prevedibile e piatto e regia forzata e priva di inventiva. Eppure il regista aveva le idee chiare quando si è trattato di immergersi in questo progetto ambizioso e quali sono state le motivazioni che lo hanno spinto alla regia di Everest: “ho sempre desiderato raccontare la storia di persone che si trovano ad affrontare le condizioni naturali più estreme e che, grazie a queste ultime, rivelano sottilmente la loro tempra, capendo sempre più chi sono man mano che vi si addentrano. Ritengo che non si potranno mai conoscere meglio i propri amici che in queste circostanze, capire di che cosa sono capaci quando si comincia a fare sul serio. Poter raccontare una storia unica sulla montagna più alta del mondo era l’opportunità della vita, a cui non potevo rinunciare”. E poi ancora: “Raccontando questa storia spero di dare alla gente un’idea dell’universo degli scalatori e della commercializzazione della natura, e di suscitare abbastanza interesse da invogliarla a prender parte a questo dialogo”. Girato tra il Nepal, l’Italia (Cinecittà e la Val Senales in Alto Adige) e la Gran Bretagna (i Pinewood Studios), il regista ha scelto di alternare location fittizie a quelle reali senza mai osare troppo: “Ci siamo avventurati più in alto fosse possibile, permanendo nel campo base pochissimo tempo per evitare malesseri da mancanza di ossigeno”. Il film sarà proiettato in Svizzera a partire dal 17 settembre prossimo nei Cantoni tedeschi, dal 23 e 24 settembre rispettivamente nella Svizzera francese e in Ticino.