La Exit svizzera ha stipulato un accordo con la giustizia di Zurigo in cui mette in chiaro le regole sulle pratiche di assistenza al suicidio
Che l’assistenza al suicidio sia una realtà tangibile nel cantone di Zurigo è facilmente percepibile dal fatto che esistono ben due associazioni che se ne occupano ormai da anni e che centinaia sono i malati in fase terminale che decidono di ricorrere ad esse. Queste due associazioni sono la Exit e la Dignitas. Proprio quest’ultima, qualche tempo fa era stata presa di mira dall’opinione pubblica per aver aiutato una coppia britannica che le aveva richiesto assistenza per porre fine alle loro sofferenze.
In questi giorni si ritorna a parlare di suicidio assistito con la notizia dell’accordo stipulato tra la giustizia del canton Zurigo e la Exit Svizzera. L’accordo riguarda la formalizzazione delle attività dell’associazione che non modificherà le modalità già adoperate ma, in un certo senso, garantirà la stabilizzazione di regole più precise e secondo le quali l’assistenza al suicidio non sarà perseguibile penalmente.
Sicuramente è stata una conseguenza inevitabile visto che già, come si legge in varie fonti, il numero delle persone che decide di affidarsi a questo tipo di assistenza è elevato: pare infatti che ogni anno nel Canton Zurigo circa 200 persone scelgono il suicidio assistito ed un terzo di esse si rivolge ad Exit. Prima di questo accordo l’assistenza al suicidio era non perseguibile dalla legge se il paziente era spinto da “motivi onorevoli”, e l’approvazione della sua depenalizzazione in Svizzera risale all’11 dicembre del 2001.
Tale formula, però, era troppo generica e superficiale per un argomento tanto delicato, così si è cercato di definire meglio i punti fondamentali della faccenda. Fermo restando che un’assistenza di questo tipo da sempre è stata rivolta solo a malati terminali, molto gravi o con patologie irreversibili e che l’atto di assumere la miscela di farmaci è effettuata dal malato stesso in presenza di testimoni. Il recente accordo, stilato in un documento di una decina di pagine, prevede altresì che i pazienti abbiano piena capacità di discernimento; prevede anche l’ammissione di stranieri (che prima non erano ammessi dalla Exit); ammette solo l’uso di una sostanza precisa, cioè il pentobarbital sodico (in passato la Dignitas, su richiesta dell’assistito, ha favorito il suicidio per soffocamento tramite l’uso di sacchetti di plastica gonfi di elio); prevede che prima di procurare il farmaco letale, il medico deve ascoltare il paziente almeno 2 volte. Infine, sono stati presi in considerazione anche i luoghi in cui l’associazione potrà esercitare la sua attività. Hans Wehrli, preside dell’Exit elvetica, ha giudicato positivamente tale provvedimento poiché permette di fare chiarezza sulla situazione di totale incertezza legale in cui si operava fino a questo momento. Naturalmente le disapprovazioni non sono mancate, prime fra tutte quelle dell’Associazione Medici Cattolici Svizzeri (VKAS) e della Human Life International (HLI) che hanno fatto sentire il loro dissenso immediatamente dopo la diffusione della notizia dell’accordo. Sia VKAS che HLI sono convinte che con tali regolamentazioni si rischia di sfociare nel riconoscimento statale di associazioni per l’aiuto al suicidio.
Propongono invece il modello tedesco di assistenza dei malati terminali in adeguati locali e l’uso della medicina palliativa per questi pazienti.
Eveline Bentivegna
2 commenti
Oltre ad essere ´d’accordo sull’argomento vorrei anche iscrivermi, come fare?
Licia Gazzi
Gentile Signora Licia Gazzi,
Può trovare tutte le informazioni sull’argomento nei seguenti indirizzi:
http://www.exit.ch
http://www.exit-italia.it
Saluti, E.B.