Siamo civili e informati. Ma siamo sicuri di non avere colpe per la morte del capodoglio ad Olbia?
La notizia ha fatto il giro dei media in breve tempo. Come spesso accade, la storia tristissima del capodoglio morto, ha commosso e smosso l’opinione pubblica su un problema che spesso non viene accolto nelle giuste proporzioni, finchè non vengono a galla eventi che smuovono le coscienze come quello del ritrovamento del cetaceo deceduto per aver ingerito la plastica ad Olbia. L’inquinamento dei nostri mari è preoccupante se è stato la causa della morte del capodoglio e del feto che doveva nascere.
Sappiamo a quanto ammonta un volume di ventidue chilogrammi di buste, teli, piatti e posate monouso e reti aggrovigliate che erano contenuti nello stomaco del mammifero marino? Se teniamo conto della leggerezza di una posata di plastica possiamo facilmente immaginare quanto sia stata enorme questa immensa pattumiera ingoiata dallo sfortunato cetaceo. È certo che questo materiale è stato mangiato nel Mediterraneo perché questi mammiferi sono isolati geneticamente e difficilmente escono dal mare “Nostrum” per recarsi nell’oceano ma questo poco importa visto che il problema non è dove, ma perché esiste cosi’ tanta plastica nelle acque. Se facciamo un esame di coscienza potremmo anche pensare che la causa della morte della femmina di capodoglio non sia stata colpa nostra perché “noi “ricordiamo di aver buttato quel piatto di plastica nel cestino in spiaggia la scorsa estate sulla bella spiaggia sarda. Però il cestino era pieno, la spiaggia affollatissima. Solo ora ci ricordiamo che ci siamo sentiti civili mettendo i rifiuti del nostro pranzo balneare accanto e non dentro al contenitore dei rifiuti. Peccato che, prima che gli inservienti del bagno balneare potessero svuotare il tutto, si sia sollevato il vento, quel maestrale piacevole che ha mitigato la nostra afosa domenica di ferie estive. Lo stesso maestrale che ha sollevato buste e piatti di plastica sparse vicino al cestino e che, complice la mareggiata, sono finiti in mare. Senza che la nostra coscienza se ne facesse carico. Forse ha trascinato in mare anche ami e fili che quel pescatore ha dimenticato sullo scoglio e forse pure quelle palline colorate con cui giocavano i bambini sulla sabbia e che ci siamo scordati, per la fretta, di cercare: dove era finita la pallina blu?
Di solito siamo attenti ma essere previdenti è un’altra cosa. Sarebbe stato sufficiente smistare la nostra spazzatura a casa visto che il cestino balneare era già pieno oppure ricordarsi di raccogliere davvero tutto quello che portiamo in spiaggia o su una barca per evitare che la plastica finisca nello stomaco di un’animale sfortunato e incolpevole del nostro pressapochismo. “Noi” non siamo quelli, incivili ed ignoranti, che durante le ferie estive, lasciano il sacco della spazzatura accanto al guard rail della Statale; non siamo quelli che gettano dal finestrino gli ingombranti rifiuti accumulati nella nostra linda auto; non siamo quelli che lasciano la bottiglia di Coca Cola sul ciglio del muretto della passeggiata a mare; “noi “no, siamo eco-solidali e rispettosi dell’ambiente ma forse, ad essere lungimiranti, avremmo potuto fare di piu’ oltre ad insegnare ai nostri figli il rispetto per il mare e alla raccolta totale di quello che si porta in spiaggia. Magari evitare che altri rifiuti cascassero in mare. Per colpa della nostra distrazione, in fondo, abbiamo dimenticato solo la pallina blu nascosta tra la sabbia insieme, forse, all’elastico per i capelli e alla cicca di sigaretta fumata. Chissà cosa si sono dimenticati gli altri 500 turisti con cui abbiamo condiviso quella bella spiaggia in Sardegna, chissà!