Intervista all’attore Mario Perrotta
La Società Dante Alighieri è nata per promuovere la cultura e la lingua italiana nel mondo. Il suo compito quindi è quello di valorizzare la cultura italiana attraverso manifestazioni ed eventi riguardanti la cultura italiana in tutte le sue forme. Con l’evento in programma sabato 18 aprile, alle ore 17, al Centro Papa Giovanni di Emmenbrücke, la Dante Alighieri di Lucerna, diretta da Leonardo Manfriani, si rivolge a tutti gli emigranti italiani ed anche ad un pubblico svizzero tedesco. Il tema centrale dello spettacolo La Turnata (Il ritorno) del rinomato attore Mario Perrotta è proprio il lavoratore italiano che ha dovuto lasciare il suo paese natale per sopperire alla condizione di miseria regnante in patria.
Il pensiero degli organizzatori va ai lavoratori italiani che sono arrivati in Svizzera (nella fattispecie nella Svizzera centrale) alcuni decenni fa lasciando in eredità le diverse associazioni italiane, una scuola italiana e tanto altro. A quegli emigranti, di qualsiasi ceto o estrazione sociale, si deve anche il rispetto che loro si sono conquistati con la loro serietà e il loro lavoro, di cui ora possono usufruire le nuove generazioni.
Ho avuto modo di incontrare Mario Perrotta qui in Svizzera in occasione della presentazione del suo spettacolo dedicato al pittore Ligabue e gli ho fatto alcune domande su La Turnata che rappresenterà a Emmenbrücke.
Cosa offre al pubblico con i Suoi spettacoli?
Io provoco il pubblico creando squarci. Parlo dell’emigrazione italiana, ma la mostro in un modo diverso: offrendo delle visioni diverse sul mondo tagliando la cortina della realtà confezionata e invogliando a farsene un’idea personale, a porsi delle domande. La gente deve andare a casa ponendosi delle domande. L’uomo di teatro deve dare delle visioni diverse sul mondo. Al contempo lo spettatore ha una sua funzione. In fondo, fare teatro è un pò come un rapporto di erotismo in senso alto. Si è almeno in due: l’attore e lo spettatore – così come nell’erotismo. Scatta un rapporto erotico tra pubblico ed attore e ascolto il pubblico, il suo respiro. Ogni sera si crea un’alchimia unica, diversa da quella della serata precedente e da quella successiva. Questo anche se il pubblico non dovesse cambiare. La cosa fondamentale che mi da il pubblico è il fatto di stare in ascolto, capacità che perdiamo diventando adulti.
Il ritorno in patria degli emigranti italiani non è stato sempre felice, vero?
Il dramma in atto per la prima generazione di emigranti l’ho appurato con le centinaia di interviste fatte. Io li definisco i ‘senza casa’ perché non stanno bene né nel paese d’origine, né nel paese in cui sono emigrati. A meno che non si tratti di persone di un livello culturale un pò più alto. E mentre i genitori parlano un italiano stentato, i loro figli parlano unicamente la lingua del paese di accoglienza, rifiutandosi di parlare l’italiano. È una condizione devastante.
Che differenza c’è tra l’emigrazione degli extracomunitari di oggi e quella dei primi emigranti italiani?
Mi vien da dire che la differenza non esiste. Chiunque parta da casa propria per andare a cercare una vita altra per motivi di fame, lavoro, religione ecc., è comunque una persona costretta a farlo. Nessuno lascia casa sua per gioia, tranne il lauretato in fisica nucleare che va a lavorare alla Nasa e si tratta di una scelta d’élite. L’operaio lo fa perché costretto a farlo. E chi arriva a Lampedusa è un perseguitato, qualcuno che soffre. Sono dei disperati che cercano una vita diversa. Non c’è nessuna differenza sul perché si parte, tranne nel paese d’arrivo.
Ma l’uomo non impara dal passato, a differenza degli animali che se sanno che un dato frutto gli fa male, non lo mangia più. Gli animali evolvono, ma gli esseri umani sono l’unica specie che fa sempre gli stessi errori. Gli emigranti italiani che sono ritornati in Italia, magari in Veneto, si sono dimenticati di essere stati loro i grandi emigranti della storia italiana insieme ai sicilani. E spesso non lo raccontano ai loro nipoti: perché raccontargli di essere stati dei morti di fame? E quando oggi arriva un nuovo immigrato, si sfoga su di lui per le sofferenze patite quando era lui un poveraccio in Svizzera, in Francia, in Belgio, ecc.
Ma in che modo i nuovi emigranti italiani possono approfittare dell’emigrazione dei loro padri?
Io dico cose un pò problematiche, ma dalle interviste che ho fatto, ho paura che abbiamo da imparare poco. Perché chi è già arrivato in Svizzera e si è stablizzato, dice che questo è ora il suo terreno: adesso arriva un nuovo emigrante (per esempio un turco) e questo non gli sta bene. Chi ha un livello culturale medio-alto o alto, riflette criticamente, ma l’operaio farà senza malizia proprio questo.
Prima di fare teatro Lei ha studiato filosofia. In che modo Le è utile la filosofia?
Fare teatro vuol dire rappresentare l’uomo e la filosofia mi è molto utile. Filosofia e teatro sono complementari. Io ragiono sul mondo che mi sta intorno e tento di tradurlo in atto scenico. Avere il supporto degli studi filosofici mi è d’ausilio anzitutto perché la filosofia ci insegna che non ci sono verita assolute. Il teatro è vero teatro quando non offre delle verità, ma apre degli squarci, degli interrogativi, facendo riflettere lo spettatore.
Sieti quindi tutti invitati ad assistere allo spettacolo La Turnata che è patrocinato dal Comune di Emmen, dall’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, dalla fondazione ECAP e dalla Dante Alighieri: è pertanto gratuito.
Donato Sperduto